Trilogia della guerra

“Trilogia della guerra” dello spagnolo Agustín Fernández Mallo, edito da Utopia Editore in Italia, è un ottimo esempio di libro che si inserisce nel solco del romanzo post-moderno, prendendo spunti da altri grandi scrittori quali Sebald, Cărtărescu e Bolaño.

Il libro è un insieme di tre storie, legate per diverse ragioni al concetto di guerra. Sebbene praticamente indipendenti, i tre maxi racconti risentono di influenze comuni e di elementi rincorrenti quasi fossero stelle narrative nel cielo della stessa trama, utili al lettore per orientarsi o per esserne affascinato dalle ricorrenze.

Il vero punto di raccordo sono le guerre e gli effetti che producono sulle persone, sui loro ricordi e in definitiva sulla loro percezione della realtà. Nello specifico i conflitti trattati sono la guerra civile spagnola, il Vietnam e lo sbarco in Normandia durante la seconda guerra mondiale.

Il primo racconto, sicuramente quello più ispirato dal punto di vista narrativo, si concentra su uno scrittore invitato ad un convegno sul valore della comunicazione digitale sull’isola spagnola di Simón, in Galizia. Qui il protagonista scopre che l’isola fu sede, durante il conflitto civile, di un campo di concentramento di prigionieri. Da questa scoperta si sviluppa una serie di eventi che interfacciano il presente del narratore in giro per il mondo con il passato dei prigionieri e sui ricordi delle loro esistenze. Il passato riemerge con forza rivendicando i suoi effetti e le sue cicatrici su chi c’era e su chi ne ha solo sentito parlare.

Nella seconda parte il protagonista è un reduce del Vietnam, nonché quarto partecipante alla missione Apollo 11 sulla Luna. Nonostante il passato celebre, nessuno si ricorda di lui, in quanto il suo ruolo è stato quello di mero fotografo quindi persona non presente nelle foto. La memoria viene quindi trasfigurata in un ricordo tramite foto. La terza storia riguarda un viaggio a Honfleur in Normadia; una donna percorre a piedi i luoghi del celebre combattimento per ripetere un viaggio effettuato anni prima con il suo compagno. I suoi ricordi si interfacciano anche in questo caso con eventi del passato.

La guerra e il tema della memoria sono strettamente legati in questo libro. In tutte e tre le storie i ricordi sono correlati o a situazioni vissute o semplicemente a oggetti. Emblematico in questo senso è il piccolo racconto dedicato al valore dell’immondizia. Durante una visione allucinata, un personaggio, con le fattezze di Salvador Dalì, disquisisce sull’importanza di mantenere la spazzatura, in quanto unico vero simbolo di quanto resisterà in maniera imperitura e tramanderà la nostra società. I rifiuti vengono visti come unico vero rimasuglio degli antenati e vengono assurti a simulacro di ogni civiltà passata, portando come esempio le rovine di Pompei.

La parte più preziosa di quanto conosciamo delle civiltà passate è costituita proprio da ciò che ci hanno trasmesso senza volerlo, ciò che hanno trasmesso per caso, ciò che hanno gettato e che non si sono preoccupati di raccogliere o riciclare, la loro spazzatura 

Ragazzi, non si dovrebbe riutilizzare la spazzatura, bisognerebbe lasciarla in pace, la spazzatura un giorno o l’altro ci seppellirà, ci farà fuori, ma non per eccesso, bensì per difetto, se ricicliamo tutto, dove andrà a finire la memoria? Come ci riconosceremo nel passato se tutto viene radicalmente trasformato? […] Se la eliminassimo o la trasformassimo del tutto, se la riciclassimo completamente, ci separeremmo dalla Storia, dalla nostra Storia, ed entreremmo in una specie di realtà parallela rispetto alle civiltà che ci hanno preceduti e con cui siamo paradossalmente imparentati […]”.

I supporti materiali diventano quindi importanti per tramandare noi stessi, soprattutto in un’epoca di perenne digitalizzazione. Cosa succede se un hard disk pieno di foto va perso? Ci ricorderemo il contenuto e le emozioni presenti in ogni scatto? C’è un verso del poeta spagnolo Carlos Oroza che si ripete in tutto il libro: «È un errore dare per scontato ciò̀ che fu contemplato». Questo mantra ripetuto a più riprese potrebbe essere inteso come accusa alla fragilità dei ricordi. Un altro leit motiv è la scritta “il crimine del secolo” che potrebbe stare a significare la caducità della memoria e dei ricordi, unico vero legame e mezzo di sopravvivenza.

Siamo il nostro passato morto, siamo tutte le bare che ci hanno preceduti

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