La vita istruzioni per l'uso

È il ventitré giugno 1975 e manca poco alle otto di sera. Siamo a Parigi, nel XVII arrondissement, ospitati al numero 11 di rue Simon-Crubellier. È in questo l’istante che Georges Perec cristallizza il tempo e comincia il suo romanzo sulla vita degli inquilini di un condominio francese. L’idea è particolare, raccontare la vita dello stabile, tramite le istantanee dei suoi abitanti. 

 


Nel palazzo fatto di 10 piani ci sono dieci stanze per piano, più scale, cantine ed ascensore. Perec ci racconta pezzi di vita degli inquilini: c’è l’antropologo, l’alchimista, il pittore, il nobile decaduto, il produttore cinematografico, l’artigiano Wrinckler, ma soprattutto c’è Bartlebooth. Quello che più di altri può essere inteso come il vero protagonista del libro, è questo signore che si pone una missione nella vita, giocare ad un gioco a somma zero, in cui tutti gli sforzi saranno cancellati per non lasciare impronte. Desideroso di assecondare questo suo desiderio impara a dipingere ad acquarello, gira il mondo dipingendo sfondi portuali, per poi tornare a casa e ricomporre i pezzi dei suoi quadri, dopo averli affidati al taglio meticoloso di Wrinckler. Ogni puzzle è una sfida, colma di tranelli, verso la sua memoria, tesa da Wrinckler. Tuttavia una volta che un puzzle è finito, è destinato inevitabilmente alla distruzione per non lasciarne memoria.

Il tema della memoria è molto presente in questo libro e lo si può evincere dalle interminabili liste che l’autore dissemina nei capitoli, liste di oggetti, di suppellettili, di quadri, di libri. Oggetti a cui dà un nome, quasi nel tentativo di riconoscerne un valore, che eviti l’imperitura dimenticanza.

La memoria si ritrova anche nelle esperienze dei protagonisti, di cui ci viene narrato l’origine e la discendenza famigliare, partendo da fine ‘800 fino al 1975. La narrazione con i suoi capitoli riprende le sagome di pezzi di puzzle che unendosi vanno a formare il quadro finale del condominio intero. È una questione di prospettiva ci avverte Perec, non bisogna concentrarsi sul singolo pezzo ma cercare di avere una visione d’insieme. Solo considerando tutti i pezzi insieme si potrà cogliere la vita e la memoria degli inquilini del palazzo.

L’opera di Perec si inserisce nella corrente culturale del gruppo Oulipo (officina di letteratura potenziale), frequentato anche da Raymond Queneau e da Italo Calvino. Questo gruppo avanguardista sperimentò diverse formule narrative alla ricerca dell’innovazione stilistica nel campo letterario.

“La vita istruzioni per l’uso” rappresentò una sfida titanica per l’autore, che impiegò diversi anni per scriverlo. Innanzitutto ogni capitolo è un susseguirsi di storie annidate una dentro l’altra. Lo scrittore può partire descrivendo l’arredamento di una stanza, il soggetto di un quadro appeso, la storia del pittore e così via, in un vortice di scrittura formidabile. La creazione di storie collegate tra loro, in cui cambia sempre il registro, dal giallo al romanzo d’appendice a quello investigativo è solo una parte del genio nascosto in questo libro.

Rifacendosi agli interessi dell’Oulipo, Perec sfrutta le sue conoscenze matematiche per passare da una stanza all’altra. Immaginatevi il condominio e le sue stanze come una grande scacchiera quadrata, in cui ogni stanza rappresenta una casella. Lo scrittore passa una sola volta per ciascuna stanza, con un movimento a L, ripreso dal cavallo degli scacchi. Le stanze toccate saranno 99 e non 100, e alla fine si scoprirà perché (un grosso indizio è nascosto nel capitolo 51, fuori asimmetria quasi per scherzo alle regole troppo rigide del libro).

“La vita istruzioni per l’uso” è un libro meditato e lungo, che va letto senza fretta, quasi come un insieme di racconti. Solo alla fine si coglierà il senso comune sottostante l’impalcatura del condominio. Un libro altamente consigliato, che ha portato l’innovazione nella letteratura, al pari di altri grandi opere come quelle di Borges, Calvino o Cortazar. Se non siete ancora convinti vi lascio con le parole di Italo Calvino, che nelle sue “Lezioni americane” incensò Perec:

Un altro esempio di ciò che chiamo "iper-romanzo" è "La vie mode d'emploi" di Georges Perec, romanzo molto lungo ma costruito da molte storie che si intersecano (non per niente il suo sottotitolo è "Romans" al plurale), facendo rivivere il piacere dei grandi cicli alla Balzac. Credo che questo libro, uscito a Parigi nel 1978, quattro anni prima che l'autore morisse a soli 46 anni, sia l'ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo. E questo per molti motivi: il disegno sterminato e insieme compiuto, la novità della resa letteraria, il compendio d'una tradizione narrativa e la summa enciclopedica di saperi che danno forma a un'immagine del mondo, il senso dell'oggi che è anche fatto di accumulazione del passato e di vertigine del vuoto, la compresenza continua d'ironia e angoscia, insomma il modo in cui il perseguimento d'un progetto strutturale e l'imponderabile della poesia diventano una cosa sola.

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