Auto da fè

“Auto da fé”, datato 1935, è il primo libro e unico romanzo del premio Nobel Elias Canetti.

Il libro racconta le gesta del sinologo Kien, studioso di grande fama che vive rinchiuso nella sua casa fortezza, immerso nella sua immensa biblioteca. A causa della sua estrema misantropia, egli si rifiuta di stringere rapporti sociali in modo da non distogliere la concentrazione dai suoi importanti studi e in questo atteggiamento i suoi libri rappresentano la sua vita. Gli unici contatti umani che si concede sono con la sua governante, l’esuberante nella sua modestia Therese, che gli prepara il cibo e tiene in ordine la casa.

Incalzato dalla premura di Therese nella pulizia dei suoi libri, Kien si convince a sposarla. Tuttavia una volta sposata l’ex governante cambia atteggiamento, desiderosa di impadronirsi dei soldi dello sposo e svolgere una vita borghese, imprimendo quindi il suo volere sul remissivo studioso. Kien trova la sua risposta ai nuovi diktat imposti in un’autoreclusione sempre più spinta, che sfocia in una sorta di eremitaggio.

La situazione continua a esasperarsi fino al parossismo, portando i due a dividersi in una violenta lite, Kien scappa e Therese lo cerca per la città. Lo studioso, obbligato a fare i conti con la società per sopravvivere, scopre un sottomondo di rifugiati e reietti che, capendo la sua indole, cercano di truffarlo in tutti i modi.

Il libro racconta le vicissitudini di Kien e Therese nei rispettivi intenti, di fuga dalla moglie il primo e di ricerca dei soldi dello sposo per la seconda. Ci sono numerosi eventi ironici, in cui il divertimento è causato dall’incomprensione e dai fraintendimenti dei personaggi, quasi a sottintendere un’impossibilità di comunicazione tra le persone. Ogni personaggio interpreta gli avvenimenti secondo il suo punto di vista, ovviamente distorto. Questo distacco dalla realtà è causato dall’inseguimento da parte dei personaggi delle rispettive ossessioni e il divertimento iniziale lascia il posto ad un forte disagio. In questo senso il libro è attuale ancora oggi, viste le analisi sulla comunicazione tra umani.

La simpatia è causata anche dall’improbabilità dei personaggi secondari, dal nano scacchista Fischerle che vive di espedienti in un postribolo, al feroce portiere Benedikt, lanzichenecco violento verso tutti i condomini.

Il libro è un’acuta analisi dei caratteri del personaggio Kien: così come è concentrato sui suoi studi e sulla ricerca di una solitudine perenne, tale solitudine gli si rivolta contro, obbligandolo a confrontarsi con gli altri con risultati tragici.

Non che dai romanzi la mente tragga molto nutrimento. Il piacere che forse essi offrono lo si paga a carissimo prezzo: essi finiscono per guastare anche il carattere più solido. Ci s’abitua ad immedesimarsi in chicchessia. Si prende gusto al continuo mutare delle situazioni. Ci si identifica con i personaggi che piacciono di più. Si arriva a capire qualunque atteggiamento. Ci si lascia guidare docilmente verso le mete altrui e si perdono di vista le proprie. I romanzi sono dei cunei che un autore con la penna in mano insinua nella chiusa personalità dei suoi lettori. Quanto più egli saprà calcolare la forza di penetrazione del cuneo e la resistenza che gli verrà opposta, tanto più ampia sarà la spaccatura che rimarrà nella personalità del lettore. I romanzi dovrebbero essere proibiti dalla legge.

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