Tomás Nevinson

Cosa avreste fatto se aveste avuto la possibilità di uccidere Hitler negli anni ’30? Sembra la tipica domanda da macchina del tempo, ma pensate ad un momento oltre che alla possibilità anche alla fattibilità. Magari non sapendo quello che sarebbe successo ma avendone un vago sentore, ve la sareste sentita?


Partendo esattamente da questo quesito, Javier Marías, nel suo ultimo libro, descrive il ritorno della spia Nevinson, già presente nell’acclamato Berta Isla. L’agente segreto spagnolo, che presta servizio per l’intelligence britannica negli anni ’80 si è ormai ritirato ad una vita tranquilla, e si trova a fine anni ’90 afflitto e perseguitato dai fantasmi indicibili del suo passato. Quando pensava di poter fare i conti con la sua vita finalmente libera, viene di nuovo chiamato all’ordine dal suo superiore, il temibile Bertram Tupra.

La nuova missione prevede l’identificazione di una donna, una terrorista dell’IRA, che presterebbe servizio sotto copertura come agente silente al fianco dell’ETA. La Spagna è vittima di attentati frequenti e dall’alto arrivano ordini ufficiosi per risolvere il problema, prima di ulteriori danni. Nevinson in questa sua nuova missione diventa Miguel Centurion, insegnante di inglese in un remoto comune spagnolo. La sua missione è conquistare la fiducia di tre donne sospettate in modo da identificare la terrorista sotto copertura.  

La missione inizia e Marías ci presenta la vita del piccolo comune, i suoi abitanti e le loro abitudini. Centurion si camuffa e cerca di inoltrarsi nelle vite dei suoi target, ingannando tutti come in tante missioni precedenti.

La crudeltà è contagiosa. L'odio è contagioso. La fede è contagiosa. La follia è contagiosa. La stupidità è contagiosa. Noi dobbiamo badare a non infettarci.

La trama gialla da romanzo di spie è solo un mero pretesto per Marías, il livello del libro è narrativa pura, infatti lo scrittore spagnolo, tramite il suo stile articolato, punta a discorrere di questione quasi filosofiche. Il primo punto riguarda sicuramente l’indecifrabilità del confine mobile tra bene e male, l’uccisione può essere giustificata quando rivolta ad un fine migliore? Quando ci si è impegnati per tutta la vita a fingere altre identità e si è sacrificato tutto, cosa rimane? Proprio a partire da questa domanda vi è un fil rouge della narrazione; riprendendo come in altri suoi testi una citazione di Shakespeare (questa volta il Macbeth: “Nulla si è ottenuto, tutto è sprecato, quando il nostro desiderio è appagato senza gioia. Meglio essere ciò che distruggiamo, che inseguire con la distruzione una dubbiosa gioia”), Marías fa interrogare il suo protagonista sul senso della sua vita, sulla ripetuta perdita degli affetti, sulla sensazione di vuoto in cui si ricade senza una missione, senza ordini da eseguire. L’autore ci dipinge anche un preciso quadro storico della situazione terroristica legata all’ETA nella Spagna degli anni ’90, con tanto di reali uccisioni e attentati. Lo sfondo storico è accurato e fa da impalcatura per la trama e per la missione di Nevinson. Tutti questi motivi si fondono alla perfezione nella trama di Marías, che riesce a tenere con il fiato sospeso il lettore, immergendolo nella missione del suo agente segreto.

La letteratura permette di vedere le persone come sono veramente, anche se sono persone che non esistono e che, con un po’ di fortuna esisteranno per sempre, per questo, non perderà mai del tutto il suo prestigio.

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