Il feudo

Siamo davanti ad un ring, siamo i pugili che entrano nell’arena e sentono il boato del pubblico diviso in fazioni, siamo ad un incontro di pugilato, pronti ad affrontare i pugni dell’avversario, ma siamo pronti ad affrontare la vita?

Il feudo è un romanzo d’ispirazione pugilistica, in quanto il protagonista Jonas è un giovane pugile semi professionista, ma l’attenzione dell’autore francese David Lopez non è rivolta principalmente alle scazzottate quanto alla gioventù e alla vita di quartiere che si dipana fuori dal ring.

Jonas abita in un sobborgo francese, uno di quelli troppo distanti dai divertimenti e dalle attenzioni delle grandi città, in cui si vive soltanto per il lavoro e la noia colma i vuoti superstiti. Tra un allenamento e l’altro, sempre condotti un po’ controvoglia, Jonas passa la maggior parte del suo tempo con i suoi amici, un gruppo di persone conosciute dagli anni d’infanzia con cui forma una tribù di perditempo.

La sua vita è composta principalmente dalla totale assenza di un obiettivo per cui motivarsi e cambiare qualcosa. Lo status quo dell’esistenza che conduce si pietrifica in giornate tutte uguali, colme di sigarette, canne e alcool, usati per annegare la noia e soffocare le angosce di un futuro inesistente. Il tempo con gli amici è sempre uguale, lo stordimento delle canne accompagnato alla musica rap cerca di distogliere l’attenzione dalle preoccupazioni, che non si affacciano se non ad un orizzonte tenuto debitamente a distanza. Il feudo è questa loro città chiusa su sé stessa, spazio cui sentono di appartenere, è la casa in cui si rifugiano a fumare e giocare alla playstation, è il tempo che occupano senza avere alcuno scopo, è la loro vita, delineata da dei confini autoimposti che non riescono e non hanno intenzione di superare, per paura di fronteggiare l’ignoto.

“La noia richiede gestione. Si costruisce. Si stimola. Ci vuole un certo senso della misura. Il rimedio lo abbiamo trovato, ci divertiamo ad appallarci. Disinneschiamo. Capita di sentirci frustrati, ma l’essenziale per noi è restare al nostro posto. Perché qua dove siamo non rischiamo di cadere.”

La trama pugilistica è interessante, forse potrebbe essere qualsiasi altro sport, ma forse solo la boxe, grazie ad una narrazione culturale fatta di film e grandi incontri, riesce a delineare un immaginario di rivalsa, del perdente che cerca di giocarsi le sue carte per svoltare la sua vita e sfuggire al suo passato. Tutti i cliché sono presenti, ma la scrittura non ne risente, anzi si avvantaggia dei gesti e delle movenze per descrivere appieno l’ambiente, facendo sentire il lettore circondato dalle corde di un ring.

La storia è quella di un match di riscatto da vincere per vendicare la sconfitta e cercare una nuova occasione. Il messaggio è che forse alcune persone non hanno neanche voglia di avere un’occasione, si accontentano della loro vita e non desiderano essere al centro, basta non stare troppo male negli angoli del ring.

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