Ho bruciato la notte

Richard Wright è un autore un po’ dimenticato in Italia, finito quasi completamente fuori catalogo con il tempo. Tuttavia in America è una voce fondante del cosiddetto “Harlem renaissance” e il suo nome è spesso citato con autori quali James Baldwin. Incuriosito da quest’autore ho deciso di cominciare da “Ho bruciato la notte” (titolo originale “The outsider”).


Il romanzo è difficile da inquadrare, sia per le alte aspirazioni cui ambisce e in parte raggiunge, sia per la mescolanza di generi che sfrutta. Il protagonista è Cross Damon, un giovane postino spiantato, con una famiglia da cui rifugge e da un’amante incinta che lo cerca disperata.

Era vuoto, a faccia a faccia con una sensazione di terrore d’intensità mai provata. Era solo. Era un uomo senza amici, senza il conforto delle loro speranze, gioie, paure, amori; era un uomo rigettato contro il proprio misero io, un io che possedeva appena la speranza di una speranza.

Cross è un uomo disperato, la cui voglia di vivere è andata dispersa nel ginepraio di disavventure che gli sono capitate per colpa o per sfortuna. Lui non ha fatto nulla per cercare di affrancarsi dal suo destino, e nonostante la sua intelligenza si trova sommerso nell’alcool e nei debiti. Ad un passo dalla prigione per le sue vicende, si ritrova ad un bivio della vita: come un novello Mattia Pascal ha l’occasione di farsi credere morto e decide di cambiare vita e città, cercando di ricominciare tutto da capo.

Staccarsi dagli altri significava anche staccarsi da sé stesso. Era necessario che recidesse ogni vincolo di ricordo e di affetto, che spezzasse, soprattutto, l’insidiosa catena della nostalgia. L’avvenire, solo quello, doveva campeggiarli davanti con tale magnetica forza d’attrazione da afferrarlo

Trasferitosi a New York, nel quartiere di Harlem si trova tra la comunità nera in cui cerca rifugio e in cui desidera ripartire, dimenticando la sua vita passata.

Nonostante una nuova identità, i problemi non tardano ad arrivare: si trova braccato tra le grinfie del partito comunista che cerca di controllarne la vita e nuovi guai legali che lo rincorrono, senza contare gli aspetti razziali di quegli anni. Il romanzo, tuttavia, non si basa sull’intreccio di storie più o meno avvincenti, ma il vero motore della storia è rappresentato dalle pulsioni fisiche e psicologiche del protagonista. Cross è un individuo analizzato nel suo vivere in una determinata società ed è il vetro da cui Wright ci mostra la sua visione del mondo.

Il desiderio non ha limiti, tende all’universale, al divino. L’uomo desidera tutto. Perché no? Il desiderio cerca di ghermire persino sé stesso, e non vi riesce mai. È insaziabile, non può essere soddisfatto.

Lo scrittore indaga a fondo la psiche del suo personaggio: rifacendosi a Dostoevskij, Cross vive inseguito dalle sue colpe da una parte e convinto della sua moralità dall’altra. Si sente un individuo al di sopra della società, capace di sovrastarla, ma sarà capace di sovrastare il suo stesso io?

L’uomo non è nulla. È una promessa che non deve tradire.

Durante il romanzo questa sua amoralità lo porterà a compiere azioni indegne e ripugnanti, al di fuori della morale di un uomo qualunque. È un personaggio brillante ed egoista, incapace dei moti sentimentali più comuni. Un’altra fonte di ispirazione di Wright è rappresentata sicuramente dallo “Straniero” di Camus; infatti Cross si sente un estraneo nella società in cui vive e cerca di trovarci un senso a questa sua estraneità.

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