American dust

Ascolto consigliato: Roberto Vecchioni – “Samarcanda”

Richard Brautigan con “American dust” racconta la storia di un ragazzo diventato uomo, che rimugina sull’episodio che gli ha cambiato la vita. 

 


Il racconto è impostato come un lungo flashback, ma quale sarà l’evento che ha stravolto l’esistenza al protagonista?

Prima muore uno, poi muore l'altra e con questo finisce tutto, non fosse per quello che scrivo io qua, cercando di raccontare una storia molto difficile, che si sta facendo ancora più difficile perché sono ancora alla ricerca di un suo significato e forse di una risposta anche solo parziale alla mia vita e, man mano che mi avvicino alla morte, questa risposta si fa sempre più lontana.

Il ragazzino protagonista si trova a vivere in quella che definiremmo America profonda, il paese rurale pronto a rivoluzionarsi dopo la Seconda guerra mondiale. L’ambiente è rurale, tutti si conoscono, le città sono lontane nell’immaginario e rimangono solo paesini collegati tra loro da stradine polverose.

Il protagonista ha una famiglia sgangherata, un padre assente, una madre anaffettiva e delle sorelle evanescenti; vivono grazie ai sussidi statali e si spostano costantemente nel Paese. Il protagonista, nonostante sia un bambino, cerca di guadagnarsi qualche spicciolo recuperando delle vecchie lattine di birra da un vecchio ubriacone. Il ragazzo è strano e vive situazioni surreali durante le sue giornate.

È appassionato da una coppia che quotidianamente va al lago, posiziona i propri mobili per mettersi a pescare seduti sul divano. Le passioni stralunate del bambino riguardano anche la veglia di funerali altrui, che spia nascondendosi, senza farsi vedere dai famigliari. Il romanzo verte tutto sulla scelta decisiva effettuata dal bambino, cosa comprare con i soldi guadagnati, un hamburger o una pistola?

Il romanzo ha una forte componente metaforica, tutto in qualche modo rappresenta la decadenza della vecchia America, pronta a lasciare il posto alla società evoluta del dopo guerra. Ci sono molti riferimenti alla caducità della vita, come ad esempio le lattine vuote da buttare, come un vecchio ricordo di cui ci si vuole dimenticare.

La storia si frammenta in una serie di salti temporali, tra il presente e il passato del bambino-uomo. La costante tra queste narrazioni è la capillare aria ipnotica e distruttiva che si respira nella scrittura. La morte è richiamata più volte, si arriva persino al voyerismo del protagonista verso i funerali altrui. Si sente il clima di ineluttabilità della morte, sembra di essere in un racconto di Carver, sentiamo che sta per succedere qualcosa di grave ma non riusciamo a fermarci, e poi all’improvviso accade la tragedia. Tra l’altro per curiosità, anche Carver ha scritto un racconto, contenuto in “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”, in cui una coppia trasferisce tutti i mobili di casa in giardino, restando lì a guardarli e aspettando una qualche epifania.

“American dust” è la metafora del passaggio dall’America degli anni ’50, provata dal dopoguerra, a quella degli anni ’80, matura e consumistica. Il passaggio è mostrato dal volare della polvere, l’unica cosa rimasta.

Alla fine di ogni avventura, per rimarcare il messaggio, compare la scritta "So the wind won't blow it away".

La polvere americana raccontata è quella degli ultimi, dei poveri, degli alcolizzati, dei morti. Ogni storia rappresenta un granello di cui Brautigan ci racconta i particolari. Rimarranno solo quelli, perché il vento porterà via tutto il resto.

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