L'arte di legare le persone

Ascolto consigliato: lowlow – “Il sentiero dei nidi di ragno”

Quando ho cominciato a leggere “L’arte di legare le persone” di Paolo Milone avevo letto giusto qualche recensione e immaginavo si trattasse di un semplice libro sulla psichiatria. Leggendolo, ho cambiato idea, non è un libro normale, né nei messaggi né nella forma. Farne una recensione può essere difficile, perché è un libro impegnativo, corto a livello di pagine, ma importante per le parole che utilizza.

Il libro è una sorta di biografia romanzata di Paolo Milone, che ha lavorato per decenni a Genova. L’autore non sceglie una trama ordinaria basata sugli stilemi classici dei romanzi, ma decide di utilizzare un verso libero, con una narrazione frammentata, in cui il discorso si costruisce con brandelli di emozioni disperse nelle pagine.

Pagina dopo pagina troviamo diversi temi ed entriamo accompagnati dall’autore in una clinica psichiatrica, abituandoci alle urla e alle sofferenze, alla pazzia e alla normalità. La pazzia non ha limiti definiti e non si arresta grazie ad un giro di chiave di una porta, ma rimane attaccata alla vita extralavorativa. Milone ci mostra la difficoltà di staccare dal lavoro e vivere normalmente quando si affronta abitualmente la follia umana. Come esprimere empatia ai pazienti senza assumersi il peso delle emozioni? Come rimanere indefferenti?

Se bastasse una doccia per lavare via la violenza e la follia, che ti si appiccicano mentre lavori,

farei dieci docce al giorno.

I frammenti di racconto ricostruiscono varie emozioni: da come somatizzare e imparare ad accettare i suicidi dei pazienti, a come allarmarsi o meno alle urla e alle violenze dei pazienti.

Durante la lettura ho ricopiato parecchie frasi, ma in particolare credo di aver trovato il senso del romanzo in questo stralcio:

Se mi chiedete un’immagine simbolica della Psichiatria d’urgenza

è proprio il contenere,

il riunire frammenti spezzati tra loro,

mettere insieme mente e corpo, riunificare la persona,

come un gesso rinsalda le ossa.

Far di pezzi, uno.

È Milone stesso a suggerire i frammenti, metafora delle anime, dei pensieri e delle sofferenze dei pazienti, ma anche delle ansie quotidiane dei dottori. Infatti l’autore sostiene che “la Psichiatria è all’ottanta per cento una posizione etica. Il restante venti per cento è mestieraccio”, quasi a significare la volontà di incidere sulla vita dei pazienti, cercando di aiutarli ad ogni costo, senza scorciatoie teoriche.

L’aiuto dei pazienti supera quella che sarebbe normalmente la logica di chi conosce questi ambienti. A quasi metà libro Milone svela il senso del titolo: il legare le persone non è solo metaforico, ma è proprio la pratica di contenimento per le situazioni estreme. L’autore, da medico psichiatra, la giustifica in casi forzati, ritenendola una pratica necessaria quando non ci sono altre soluzioni. “L’arte di legare le persone” è un romanzo forte, da leggere e da accettare per quello che racconta. Milone non si risparmia nei dettagli, dai TSO forzati fino ai dolori più profondi dei pazienti.

A fine lettura rimane un senso di angoscia: a differenza di altri libri inerenti all’ambito pazzia che ho letto in passato, come ad esempio “Una stanza piena di gente” o “Tutto chiede salvezza”, qui il protagonista non è il malato, ma il dottore. Questo libro ha il pregio innovativo di fornire il punto di vista di un medico insider, che senza sfruttare inutili sensazionalismi emotivi, riesce a cogliere nel segno, descrivendo appieno la psichiatra, e fornendo una rappresentazione difficile da dimenticare.

Se non hai mai provato il dolore psichiatrico,

non dire che non esiste.

Ringrazia il Signore e taci.

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