Chi ha usato questo letto

“Chi ha usato questo letto” è una delle ultime raccolte di racconti pubblicate da Raymond Carver. In queste pagine si può cogliere la perfezione di scrittura raggiunta dall’autore nella sua ricerca di essenzialità, nel cercare di dare il giusto peso ad ogni parola, facendole risuonare tutte insieme.

Il minimalismo, termine spesso affibbiato a Carver, è più una filosofia che un genere di scrittura; in Carver non c’è mai una parola di troppo, non ci sono spiegoni narrativi, le emozioni non vengono dichiarate, emergono spontaneamente dalle azioni dei protagonisti.

 E chi legge più? Tu leggi?”. (Feci di no con la testa).

“Qualcuno deve pur leggere, immagino. Almeno si vedono tanti di quei libri nelle vetrine delle librerie, e poi ci sono quei club. Qualcuno legge ancora”, aveva detto. “Ma chi? Non conosco nessuno che legga”.   Così aveva detto, a proposito di niente – cioè, non stavamo mica parlando di libri, parlavamo delle nostre vite. I libri non c’entravano per niente.

In questa raccolta affiorano con forza i temi di un malessere di vivere, molti dei personaggi sono divorziati, alle prese con il proprio passato, con cui non hanno ancora fatto i conti. Gli ambienti sono i classici sobborghi di quella America che viene spesso definita come “profonda e vera”.

Persone comuni, raffigurate in attimi di vita quotidiana, che si trovano ad affrontare qualcosa di ordinario, non serve la trama per coinvolgere, bastano le sensazioni.

I temi sono molti, il passato, la paura o la voglia di morire, l’intimità e la separazione di una famiglia. Spesso si trovano situazioni contrapposte, tra un prima e un dopo, qualcosa da chiarire che, nonostante gli sforzi, rimane soffocato dentro i protagonisti. Non ci sono svolte esistenziali, soltanto la consapevolezza di essere sé stessi ed accettare la propria vita.

Il tema della morte viene trattato egregiamente nel racconto che dà il titolo alla raccolta (in italiano). Due amanti si svegliano nel cuore della notte e si mettono inspiegabilmente a discutere sul loro futuro, sulla loro morte.

Il racconto Elefante (che fa da titolo nella versione originale) parla della disperazione di una vita di stenti, di una famiglia che non ci sente vicino quanto vorrebbe.

Il racconto che ho preferito di questa raccolta è sicuramente Menudo. La disperazione di una situazione famigliare è un tema ricorrente, in questo caso declinata come la presenza di tradimenti incrociati tra il protagonista e la coppia di vicini. In questo racconto Carver descrive un particolare momento della vita del protagonista. È notte, è a letto. Ha litigato con la moglie, perché lei sa che lui ha un’altra. Vola con il pensiero al suo passato, alla sua ex moglie, alla madre. Tutte mancanze della sua vita, che non sa colmare. Il finale è un capolavoro e rappresenta in pieno la scrittura di Carver. Il protagonista non può rivoluzionare la sua vita, può solo ricominciare a compiere i gesti quotidiani, come mostra il semplice rastrellare il giardino.

La scrittura asciutta e senza fronzoli di Carver si ritrova perfettamente in questa raccolta, che sebbene meno famosa di altre come ad esempio “Cattedrale”, rappresenta senza dubbio una grande narrazione.

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