Nel mondo a venire

Ascolto consigliato: Noel Gallagher – “In the heat of the moment”

“Nel mondo a venire” è il secondo romanzo di Ben Lerner, autore proveniente dal mondo della poesia. Forse il termine romanzo non è quello più adatto per descrivere il libro, che si configura più come un pastiche di generi diversi, dalla narrativa classica alla poesia, passando dalla meta-narrazione.


Il protagonista del libro è un giovane scrittore di Brooklyn. Insegna all’università e da poco ha pubblicato un romanzo di grande favore ma non di grande successo. La pubblicazione di un racconto sul New Yorker gli ha procurato grande successo e anche un notevole ritorno economico dopo la promessa di trasformare il racconto in un libro.

Mentre si interroga su come scrivere il libro, il protagonista deve affrontare un grande conflitto ideologico. La sua migliore amica Alex gli ha chiesto di aiutarla a concepire un figlio, tramite fecondazione assistita. La dimensione medica è afflitta anche da un male all’aorta dell’autore che lo preoccupa e lo fa riflettere sulla morte.

 Il debito accumulato, le tracce di antidepressivi nell’acqua del rubinetto, l’enorme reticolo arterioso di traffico, i cambiamenti climatici di violenza sempre maggiore... ogni volta che guardavo la punta di Manhattan dal lato del fiume su cui era cresciuto Walt Whitman mi riproponevo di diventare uno di quegli artisti che per un attimo trasformavano brutte forme della comunità in immagini delle sue possibilità future, un guizzo di propriocezione in anticipo rispetto al corpo collettivo. Ciò che provai quando cercai di assorbire lo spettacolo dello skyline – e invece ne fui assorbito io – fu una pienezza indistinguibile dallo svuotamento

Il libro partendo da queste linee narrative approfondisce varie tematiche. Palese è il ruolo che rivolge la famiglia all’interno della narrazione: il protagonista si trova a ragionare su cosa significa essere un genitore, specialmente se artificiale; se ci sarà un figlio, sarà un padre presente o giusto un amico di famiglia. Si può essere genitori se non si è mai stati veramente dei figli?

Un altro grande tema del libro riguarda l’inconsistenza della vita nel passare del tempo. La possibilità di una vita nuova da genitore che si contrappone ad una possibile morte scatena nel protagonista una riflessione sul tempo, su scenari passati e futuri. Questa riflessione è espressa in più modi e sin a partire dal titolo. La questione del titolo infatti è molto significativa, sia in quello originale (10.04) che in quello italiano.

Il mondo a venire è quello che rimarrà oltre al protagonista, quello in cui vivrà o che vivrà dopo di lui. Questa inquietudine è motivata anche dal susseguirsi di due uragani su New York, scenari che portano il protagonista a riflettere ulteriormente sulla propria caducità. Il titolo originario (10.04) fa riferimento al film “The Clock” di Christian Marclay della durata di 24 ore, in cui al minuto 10.04 si verifica la famosa scena del fulmine di “Ritorno al futuro”. Tutto un percorso sul tempo quindi.

Inoltre il protagonista si ispira alla sua vita per scrivere il suo racconto/libro, rendendo circolare il tempo che intercorre tra le due linee narrative.

Se ci fosse stato un modo per dirlo senza che sembrasse una boiata pretenziosa da radical chic, le avrei voluto dire che scoprire di non essere identici a se stessi anche nel modo più destabilizzante e doloroso contiene comunque la scintilla, per quanto rifratta, del mondo a venire, in cui tutto sarà come ora ma un po’ diverso perché il passato resterà citabile in tutti i suoi momenti, compresi quelli che dalla prospettiva del nostro attuale presente sono esistiti ma senza succedere davvero.

La narrazione è impreziosita dal linguaggio ai confini della poesia che riesce ad evocare suggestioni anche nei momenti o negli oggetti più banali. La poesia si infiltra tra le righe della narrazioni, portando a passi di commenti di poesie, prime fra tutte quelle di Whitman.

“Sfuggii agli arcigni vincoli della terra / Allungai la mano e toccai il volto di Dio” - High Flight

Diciamo che fu lì che decisi di sostituire il libro che avevo proposto all’editore con il libro che state leggendo ora, un’opera che, come una poesia, non è una storia vera né di fantasia, ma un guizzare fra le due cose; mi proposi di dilatare il racconto non in un romanzo sulla frode letteraria, sulla falsificazione del passato, ma in un vero e proprio presente vivo di molteplici futuri.

La scrittura si può inserire nel genere della autofiction, infatti, similmente a quanto avviene negli altri romanzi di Lerner, il protagonista è molto simile allo scrittore.

L’arte deve offrire qualcosa che vada oltre la disperazione stilizzata

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