Fuga senza fine

Franz Tunda, protagonista di “Fuga senza fine”, è un figlio dell’Europa a cavallo fra la Rivoluzione russa e la crisi dell'impero asburgico.


Franz va a combattere in Russia per via della guerra, ma catturato, si nasconde e rimane nascosto anche dopo la fine dei combattimenti. Lo straniamento di una vita all’estero, in commistione con quello che riteneva il nemico, gli fa cambiare la percezione dei suoi ideali. Diventa una sorta di apolide, straniero all’estero quanto nella sua patria, dove fa ritorno in cerca dell’amore perduto, quella ragazza che gli si era promessa ma che la lontananza ha cancellato.

Fuga senza fine è un titolo molto adatto per il libro, in quanto Franz si ritrova in una fuga perenne, non trova niente e non può trovare niente, figlio delle contraddizioni del suo tempo.

 

Non credo che esista una creatura al mondo che potrebbe dirti con coscienza più pura perché ha fatto o non ha fatto questa o quella cosa. Non so se domani non andrei in Australia, in America, in Cina o non tornerei in Siberia, da mio fratello Baranowicz, se davvero potessi. So soltanto che non è stata, come si dice, la “inquietudine” a spingermi, ma al contrario – una assoluta quiete. Non ho nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi spinge, e non temo di andare a fondo.

 

Franz è un uomo a cui vengono a mancare i punti di riferimento, nulla ha più senso, nemmeno quella storia e quelle guerre che combatte per caso. Preso da questo nichilismo Franz si lascia trasportare dagli eventi, da una situazione all’altra. È ossessionato da ciò che è stato, ripensa alle scelte della sua vita, al suo amore perduto e mai più ritrovato. Si ritrova alienato, condannato a vivere una vita d’altri. Si riconosce superfluo.

 

Se fosse indispensabile caratterizzarlo con un attributo qualsiasi, direi che la sua qualità più evidente era la il desiderio di libertà. Tanto poteva, infatti, trascurare il suo vantaggio, quanto sapeva evitare il suo danno. Faceva il più delle cose secondo l’umore, talune per convinzione, e cioè: tutto per necessità. Possedeva più vitalità di quanta ne occorresse momentaneamente alla rivoluzione. Aveva più indipendenza di quanta può occorrere a una teoria che cerca di adattarsi alla vita. In fondo era europeo, un individualista, come dicono le persone colte. Aveva bisogno, per godere a pieno, di situazioni più complicate. Aveva bisogno dell’atmosfera di intricate menzogne, di falsi ideali, di salute apparente, di marcio persistente, di fantasmi imbellettati, dell’atmosfera dei cimiteri che hanno l’aspetto di sale da ballo o di fabbriche o di castelli o di scuole o di salotti. Aveva bisogno di aver vicini i grattacieli, di cui si intuisce la caducità e la cui durata è tuttavia garantita nei secoli. Era un uomo moderno.

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