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Sapete cos’è un Oreo? Quel cioccolatino americano nero fuori e bianco
dentro, avete presente? Oreo è anche il titolo dell’unico libro di Fran Ross,
pubblicato in sordina negli anni ’70 per poi essere riscoperto e diventare un
cult ai giorni d’oggi. SUR lo propone ora in Italia.
Oreo è il soprannome di Christine, una giovane ragazza, figlia di
madre nera e padre ebreo. La sua è una famiglia a dir poco bislacca: il
matrimonio dei genitori naufraga appena nata, il padre se ne va, la madre è in
una perenne tournée e così Oreo cresce con i nonni materni.
La parlata del sud della nonna Louise, fatta da continue contrazioni
linguistiche, oltre a regalare spunti ironici, origina anche il soprannome di
Oreo.
Christine aveva quasi due anni e mezzo quando ricevette il suo
soprannome. Louise l’aveva udito in sogno. Mentre lei e la nipote camminavano
su una strada polverosa sotto un cielo grigio, all’improvviso le nuvole si
aprivano e un raggio di sole veniva a posarsi proprio davanti alla bambina. Dal
raggio si sprigionava una voce acuta e stridula, che squittiva: «E il suo nome
sarà Oriolo» […] E fu così che Oreo ricevette il suo soprannome. Nessuno sapeva
che in realtà Louise voleva dire «Oriolo». E quando lei, per puro caso, scoprì
cosa pensavano che avesse detto, le andò bene così. «Non mi sono mai piaciuti
gli uccelli che volano, solo quelli che si mangiano», disse. «Ma per gli Oreo
ci vado matta». E per una volta intendeva quello che intendevano gli altri
Christine, nonostante le difficoltà famigliari, è una ragazza
determinata e audace. Quando il padre l’ha abbandonata, le ha lasciato un
elenco di indizi per una sorta di caccia al tesoro. Questo percorso, nelle
intenzioni del genitore, le dovrebbe svelare il suo segreto. Oreo a 16 anni
decide di accettare la sfida e parte alla volta di New York per trovare il
padre.
Il libro è basato su questa caccia al tesoro: Oreo vive incredibili e
surreali avventure mentre si muove in una New York che fa da sfondo con i suoi
giardini e le sue vie. Tutto il libro è una rivisitazione in chiave moderna del
mito di Teseo, ogni avventura di Oreo si può comparare con quella dell’eroe
greco.
La ragazza durante la sua ricerca incontra e affronta personaggi
grotteschi: ci sono nani e incendi a Central Park, maiali che corrono per
strada, lenoni con schiavi sessuali e fattucchiere indovine.
Il mito viene stravolto dall’autrice, vengono eliminate le parti più
mitologiche per cercare maggiore aderenza alla realtà, mantenendo sempre una
chiave di lettura altamente ironica. Di conseguenza al posto del Minotauro c’è
un tranquillo cagnolino e i sandali di Teseo diventano delle calzature alla
moda.
Il tema principale del libro non è tanto la ricerca del padre, ma la
maturazione della protagonista durante il suo viaggio. Oreo è una ragazza che è
stata abbandonata dal padre e crescendo è stata abituata a cavarsela da sola.
La sua audacia si riflette nel carattere “eroico” delle sue imprese.
avrebbe scelto un motto e sviluppato un sistema di autodifesa. Il
motto fu Nemo me impune lacessit (nessuno mi sfida impunemente). «Non mi farò
comandare da nessun negro. Se qualcuno ci prova lo piglio a klop nelle
kishkas!», disse, mescolando le inflessioni di sua nonna – nera dalla pelle
bianca – e (attraverso sua madre) di suo nonno – bianco dalla pelle scura –
come faceva ogni volta che era stressata.
Si può riscontare il tema del black empowerment: l’eroe non è il
maschio Teseo, ma una ragazzina che grazie alle sue forze impara a cavarsela
nella vita.
Il libro, con una scrittura che si può definire postmodernista,
presenta un personaggio femminile, femminista e ribelle, che rappresenta un mix
di culture e di identità. Questa componente è espressa tramite un linguaggio
colorito, fatto da espressioni da ghetto, neologismi pop, termini yiddish fino
ad arrivare a citazioni di Saul Bellow.
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