Un romanzo in tre atti, quattro personaggi per descrivere un
matrimonio fallito. Domenico Starnone con “Lacci” racconta la vita di una
famiglia, un matrimonio che si protrae dagli anni ’60 fino al giorno d’oggi.
I protagonisti sono Aldo ed Vanda, due giovani ventenni che per
emanciparsi e vivere la loro indipendenza negli anni ’60 si sposano e mettono
su famiglia, avendo due figli, Sandro ed Anna. Dopo i primi anni di matrimonio
Aldo, spinto dalle idee libertine dei ’60, si sente stretto in un’unione
famigliare così dogmatica come il matrimonio. Trova un amante, Lidia, con cui
improvvisamente si sente giovane e ispirato nel lavoro. Tuttavia non può
lasciare tutto dietro di sé, ha una famiglia a cui è legato. L’affettività
verso i figli viene meno, l’amore verso la moglie è sepolto dalla nuova vita e
di conseguenza i rapporti famigliari si gelano. Vanda risponde tragicamente al
tradimento, continua a scrivere lettere per convincere il marito a tornare,
perorando la sua tesi con il rispetto dei figli.
Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono
tua moglie. Lo so che questo una volta ti piaceva e adesso, all’improvviso, ti
dà fastidio. Lo so che fai finta che non esisto e che non sono mai esistita
perché non vuoi fare brutta figura con la gente molto colta che frequenti. Lo
so che avere una vita ordinata, doverti ritirare a casa a ora di cena, dormire
con me e non con chi ti pare, ti fa sentire cretino. Lo so che ti vergogni di
dire: vedete, mi sono sposato l’11 ottobre del 1962, a ventidue anni; vedete,
ho detto sí davanti al prete, in una chiesa del quartiere Stella, e l’ho fatto
solo per amore, non dovevo mettere riparo a niente; vedete, ho delle
responsabilità, e se non capite cosa significa avere delle responsabilità siete
gente meschina. Lo so, lo so benissimo. Ma che tu lo voglia o no il dato di
fatto è questo: io sono tua moglie e tu sei mio marito, siamo sposati da dodici
anni – dodici anni a ottobre – e abbiamo due figli, Sandro, nato nel 1965, e
Anna, nata nel 1969. Ti devo mostrare i documenti per farti ragionare?
La storia è narrata in tre atti. La prima a recitare sul palco è Anna,
che tramite le lettere cerca di convincere il marito a tornare, provando a
disprezzare Lidia e raccontando la vita quotidiana dei figli. Il secondo atto è
dedicato al punto di vista di Aldo, che tramite le sue azioni cerca di
giustificare i suoi sentimenti. Amando Lidia, dimentica i figli ma per quanto
riuscirà a dimenticarli e vivere nella sua isola felice? Il terzo atto è riservato
al punto di vista dei figli, che negli anni a venire giudicano il rapporto dei
loro genitori e le conseguenze sulla loro crescita.
Primo: mamma e papà giovani e felici, i bambini che si godono il
giardino dell’eden; secondo: papà si trova un’altra donna e sparisce con lei,
mamma dà i numeri, i bambini perdono l’eden; terzo: papà ha un ripensamento e
torna a casa, i figli cercano di rientrare nel paradiso terrestre, mamma e papà
dimostrano quotidianamente che è uno sforzo inutile; quarto: i bambini scoprono
che l’eden non è mai esistito e che bisogna accontentarsi dell’inferno.
Lacci è la cronaca del fallimento di una famiglia e delle relazioni
che porta con sé. Ognuno, genitore o figlio, vive il dramma della separazione a
modo suo. Al centro del romanzo vi è la demolizione del concetto borghese di
matrimonio e di famiglia degli anni ‘60. Qualcosa di indistruttibile, perlomeno
in teoria, perché anche quando il vaso si frantuma in mille pezzi si cerca di
incollarlo, senza badare al fatto che il risultato sarà sicuramente differente
da quello precedente. Continuando la metafora, Starnone sviscera a meraviglia
il non detto tra Aldo e Vanda: il vaso ricostruito potrà stare in piedi, ma
solo fingendo di vederlo integro come prima e non in un equilibrio precario.
Da sottolineare la metafora dei lacci su cui si gioca il titolo. Da
una discussione tra Aldo e i figli emerge un particolare modo di legarsi le
scarpe. Quei lacci sono l’unico tratto che lo lega ai figli e non sapeva
neanche di possederlo. I lacci delle scarpe, un po’ come i legami famigliari,
possono tenere un matrimonio in saldo se legati strettamente oppure farlo
scivolare rovinosamente se intrecciati malamente. I lacci sono proprio quelli
che a volte non ci decidiamo a sciogliere, per comodità e per codardia.
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