La figlia


Le guerre in Jugoslavia, avvenute durante gli anni ’90, sono un frammento recente della storia europea. 


Nonostante la gravità di questi conflitti, penso che il loro significato storico sia oscuro o perlomeno poco pubblicizzato per la maggior parte del grande pubblico. Personalmente penso che, rientrando tra i grandi conflitti recenti, ancora non vengano studiate nelle scuole italiane, nelle quali la storia si ferma più o meno agli anni ’50/’60. Ogni tanto rispuntano fuori e se ne parla per avvenimenti inerenti, un po’ come è avvenuto per l’assegnazione del Nobel a Peter Handke.
“La figlia” di Clara Usòn è un libro ambientato in quel contesto storico, fatto di guerra e disperazione. Il romanzo descrive la vita di Ana, una tranquilla studentessa di medicina, in viaggio a Mosca con alcuni suoi amici studenti. La narrazione procede ordinaria, ci presenta la vita da turisti del gruppo di amici nella capitale. Ana si gode le vacanze, quando per caso scopre la vera percezione che i suoi amici hanno di suo padre. La tranquilla ragazza, a sua insaputa, è considerata la figlia di un assassino. Ana che idolatrava con fervore il suo padre militare patriottico, scopre che è considerato dagli amici un feroce reazionario. Il padre è Ratko Mladic, il cosiddetto “macellaio della Bosnia”. Quello che per lei è un eroe e un genitore premuroso, per tutti gli altri è un criminale responsabile dei maggiori avvenimenti della guerra: l'assedio di Sarajevo, la pulizia etnica in Bosnia, il massacro di Srebrenica.
Il viaggio rappresenta un punto di svolta per la vita di Ana, che al ritorno appare più triste introversa, e arriverà, nel disagio e nell’incomprensione del padre, ad una scelta risolutiva.

Il libro parte quindi da un contesto storico ben definito ed è strutturato dall’intrecciarsi di due linee narrative quantitativamente uguali per numero di pagine. Da una parte c’è la storia romanzata di Ana e del suo rapporto con il padre. Dall’altra parte c’è la descrizione, a ritmi quasi saggistici, della storia di quei conflitti, descritti da Danilo Papo, un fittizio amico di Ana.

La parte descrittiva è quella che ritengo più interessante. Vengono descritti alcuni personaggi della storia della Serbia, come ad esempio Slobodan Milosevic a Radovan Karadzic, che aiutano a dipingere un contesto storico pieno di conflitti e a far comprendere, tramite la drammaticità della narrazione, la gravità di quella guerra.
La parte romanzata prevede una ricostruzione storica della vita di Ana, tessendoci attorno una storia d’amore fittizia (l’ex ragazzo di lei, mandato in guerra e ucciso per ripicca) e poco appassionante. Il mistero iniziale sull’identità di Ana può essere ritenuto uno strumento funzionale alla narrazione, ma logorato dall’impiego eccessivo. L’alternanza tra i due racconti non è sempre scorrevole, presentando dei passaggi caotici e poco fluidi.
Il maggior pregio del libro rimane quindi la descrizione delle fasi di guerra e dei tremendi avvenimenti presenti in quei conflitti.

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