Pastorale americana


Ascolto consigliato “il conformista” Giorgio Gaber

Pastorale americana è un libro che ha vinto il premio Pulitzer ed è acclamato da tanti come il capolavoro di Philip Roth.


Basterebbero questi due motivi per convincere un lettore a prenderlo in mano e cominciare a leggerlo. Personalmente tutta la sua fama mi ha sempre intimorito, lo vedevo come un libro affascinante, da lasciare maturare sullo scaffale della libreria ad aspettare il momento giusto. Ora, che l’ho finito, ho capito il perché di tutta questa notorietà: Pastorale americana è un libro da cui non si torna indietro.
Anche in questo libro di Roth troviamo Nathan Zuckerman, l’alter ego letterario dello scrittore. Il suo personaggio in questo caso funge da narratore della storia. Essendo uno scrittore, viene contattato da una sua vecchia conoscenza, Seymour Levov. Seymour, noto anche come Lo Svedese per via dei suoi capelli chiari e della sua carnagione, era ai tempi del college l’idolo sportivo di tutta la scuola, grazie alle sue straordinarie doti sportive nel baseball, nel basket e nel football. Bello, intelligente, forte, intraprendente, era l’incarnazione del vincente, destinato ad una chiara vita di successo, il predestinato. Tuttavia, nella lettera di invito si fa riferimento ad un evento tragico nella sua vita. I due, decenni dopo gli anni del college, finalmente si incontrano ma Seymour non si lascia sfuggire nulla e descrive solamente la serenità della sua vita.
Le alte aspettative di Nathan precipitano, lasciandolo deluso dall’incontro con l’idolo della sua gioventù. Sconfortato per la cattiva riuscita dell’incontro comincia a fantasticare sulla vita di quell’uomo, riapparso dopo tanti anni nella sua vita.

“Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l’intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri? Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori isolati, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando.”

Passa il tempo e Nathan si ritrova ad una cena di ritrovo con i coscritti del college. Riaffiorano vecchie memorie, avventure ed infatuazioni. Alla festa è presente Jerry, fratello di Seymour e amico di Nathan. Secondo Jerry il successo di Seymour è andato svanendo durante la sua vita, principalmente a causa del conflitto che ha avuto con la figlia, pazza e omicida. Nathan rimane esterrefatto e comincia ad immaginare la vita di Seymour in base ai pochi indizi che ha. Tutto il racconto si svolge nella sua fantasia.
Seymour, una volta finite le scuole, comincia a lavorare con il padre nella società di famiglia. È un uomo ricco e fortunato: si sposa con una bella donna (Miss New Jersey) che lo ama, ha una figlia, un bel lavoro e un ruolo rispettabile. Rispecchia appieno il quadretto di felicità americana, il perfetto esempio di famiglia felice.
Tuttavia questa felicità è solo istantanea e per di più illusoria. Una volta che Mary, la figlia, diventa grande, è preda dell’insubordinazione adolescenziale nei confronti della famiglia. Non ne supporta i valori conservatori e capitalisti, ed è contro la guerra del Vietnam. La sua ribellione cresce lentamente per poi sfociare in una fuga di casa e in un attentato terroristico contro un ufficio postale.
La fuga della figlia destabilizza il mondo tranquillo dello Svedese: lui che ha cercato sempre di porsi nella maniera più gentile verso gli altri, senza mai offendere nessuno, senza mai litigare con nessuno, offrendo sempre positività in qualunque contesto, si ritrova padre di una supponente terrorista.

“Cosa sei, tu? Lo sai? Tu sei quello che è sempre lì a cercare di minimizzare le cose. Sempre lì che si sforza di essere moderato. Mai dire la verità, se credi che possa ferire i sentimenti di qualcuno. Sempre pronto ai compromessi. Sempre pronto ad accontentare la gente. Sempre lì a cercare di trovare il lato migliore delle cose. Quello educato. Quello che sopporta pazientemente ogni cosa. Quello che ha una dignità da difendere. Il ragazzo che non viola mai le regole. Quello che la società ti ordina di fare, tu lo fai. Le norme della convivenza civile. Ci devi sputare in faccia alle norme della convivenza civile. Bhe, tua figlia l’ha fatto per te, no?”

Quali sono le reazioni che può attuare nell’affrontare questa novità nella sua vita? Può essere qualcosa di diverso da ciò che è sempre stato nella sua vita?

Continuava a spiare dall’esterno la propria vita. Per tutta la vita ha cercato di seppellire questa cosa. Ma come poteva? Mai, in tutta la sua vita, aveva avuto l’occasione di chiedersi: “Perché le cose sono come sono?” perché avrebbe dovuto farlo, se per lui erano sempre state perfette? Perché le cose sono come sono? Una domanda senza risposta, e fino a quel momento era stato così fortunato da ignorare addirittura che esistesse la domanda

Philip Roth in questo libro non fa prigionieri, inoltrandosi nella sua lettura si percepisce chiaramente come il cosiddetto sogno americano viene smantellato e ridotto in polvere come una fotografia che brucia. La situazione idilliaca della famiglia americana va bene per uno spot, ma se applicata alla vita vera come quella dello Svedese, è solo un patetico tentativo di farsa per nascondersi dalla rabbia cieca dell’America.
L’analisi psicologica del protagonista è esemplare, ogni indecisione, ogni turbamento di Seymour è descritto in maniera sopraffina. Pastorale americana è un romanzo da cui non si torna indietro perché è difficile trovare libri del genere, capaci di essere un pugno nello stomaco per le loro analisi. Inoltre, e qui ci sta il genio di Roth, come si può concludere un libro del genere? Dopo aver analizzato tutta la vicenda, ci lascia con una domanda, non esistono risposte.

Commenti

  1. L'America non è l'Italia Pastorale americana non è L'Albero degli zoccoli

    RispondiElimina

Posta un commento