Limonov


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Limonov è stato teppista in Ucraina, idolo dell’underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani e vecchio capo carismatico di un partito.”

In direzione ostinata e contraria. Sempre. Si potrebbe riassumere così la vita di Eduard Veniaminovich Savenko, raccontata in questa biografia romanzata da Emmanuel Carrère. Eduard nasce a Charkov, città di quella Russia contadina e arretrata, in cui non ci sono occasioni di svolta e le persone sono condannate a vivere un destino già scritto, fatto da un’esistenza grigia e di sacrifici. Eduard, insofferente alle regole, cerca di ribellarsi a tutte le costrizioni, in primis a quelle del padre, arruolato nel KGB. Cerca di intraprendere una carriera da delinquente per poi convertirsi al fascino della poesia. Tutto questo per farsi notare e mettere in mostra il suo ego.
Il suo carattere superbo e tenace gli fanno guadagnare il soprannome Limonov (in russo limon significa limone e limonka granata) che lui adotterà come marchio distintivo.
Convinto di aver raggiunto l’apice nei piccoli centri culturali russi emigra all’estero, verso gli Stati Uniti. In poco tempo passa da frequentare la Factory di Andy Wharol a fare il barbone per strada per poi finire a fare il maggiordomo di un miliardario a Manhattan. La sua vita è un’altalena, necessita di emozioni forti, notorietà, virilità e tutto ciò che può alimentare il suo ego ipertrofico. Cerca di dare scandalo in ogni modo, con le donne con cui si frequenta, o con i suoi pareri (sempre caustici ovviamente) su altri intellettuali russi. Ridotto in povertà e senza fascino, sceglie di diventare gay per pura provocazione.
Dopo anni di stenti e di alti e bassi, la ruota della fortuna finalmente gira e Limonov riesce a farsi pubblicare. I suoi libri parlano di un solo argomento: lui e la sua vita. Non sa parlare di altro, al centro c’è sempre lui. Comincia a viaggiare, va in Francia per poi tornare in Russia. La vita da scrittore non gli basta più e decide di diventare un’attivista politico con idee estreme e bislacche, al punto di formare un partito Nazional-bolscevico, un ossimoro vivente nato per dare scandalo.

L’unica vita degna di lui è quella dell’eroe; lui vuole che il mondo intero lo ammiri e pensa che ogni altro criterio, una vita familiare tranquilla e armoniosa, i piaceri semplici, il giardino coltivato al riparo dagli sguardi, siano autogiustificazioni da falliti.”

Limonov riesce nella sua vita, un po’ per egoismo narcisistico un po’ per slancio volontario, ad essere sempre contro il pensiero maggioritario. In direzione contraria perché lui è sempre contro. Riesce a vivere un’esistenza ai limiti della storia, senza mai riuscire ad incidere come vorrebbe.
Carrère riesce a dipingere la vita di Limonov raccontandone le emozioni dei suoi demoni e le contraddizioni del suo ego. Parlando di ego bisogna sottolineare la scrittura dell’autore francese, capace di fare capolino e irrompere nel romanzo per confrontare la sua vita con quella del collega russo. Insomma un biografo che parla di sé nella biografia che sta scrivendo.
L’obiettivo finale della biografia è raggiunto pienamente, gli ingredienti sono una vita avventurosa, piena di cadute e risalite, e l’ottima scrittura di Carrère che riesce a spiegare gli avvenimenti della vita di Limonov ponendoli nella cornice storica in cui sono avvenuti, il decadimento dell’URSS e la rinascita della Russia con Putin, la nascita degli oligarchi e le contraddizioni della cultura russa.

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