Ascolto consigliato:
“Titanic”, Francesco De Gregori
La prima classe costa mille lire
la seconda cento, la terza dolore e spavento
E puzza di sudore dal boccaporto
e odore di mare morto
Tra il 1845 e il 1849 l’Irlanda
fu colpita dalla Great Famine, una grande carestia di patate che infettò
l’isola e causò oltre un milione di morti e un’emigrazione di massa verso gli
Stati Uniti.
Joseph O’Connor, partendo da
questo contesto storico, racconta la storia di queste persone, emigranti in
fuga in cerca di salvezza e di una nuova speranza. Il mezzo è la Stella del
mare, la nave che dà il titolo al libro.
Il libro riguarda il viaggio in
mare, dall’Inghilterra a New York, trenta giorni nell’inverno 1847, nel pieno
della carestia. Sulla nave ci sono persone di tutti i tipi, rigorosamente
separati in classi, dalla prima alla terza, ovviamente divisi da solide grate
di ferro. Ogni persona ha una storia, i suoi motivi che lo hanno indotto al
viaggio e i suoi segreti da proteggere.
La narrazione usa diversi escamotage:
i capitoli si alternano tra il diario di bordo del capitano, gli episodi della
vita dei protagonisti e gli articoli di giornale. Le storie si intrecciano tra
le vicissitudini dei principali protagonisti. Vi è Lord David Merridith, nobile
irlandese in decadenza e in fuga verso l’America in cerca di un riscatto
economico. Con lui viaggia la sua famiglia: i suoi due figli e la moglie Laura,
con cui il matrimonio è sempre più triste e pericolante per via dei rispettivi
tradimenti. Vi è G.G. Dixon, giornalista d’inchiesta che segue il viaggio per
raccontare la carestia d’Irlanda e in cerca di una storia da raccontare. C’è
Pius Mulvey, giovane in fuga da un passato oscuro fatto di omicidi, tradimenti
famigliari e stenti quotidiani. C’è Mary Duane, cameriera dei Merridith e
vecchia fiamma di Pius e di David.
La storia è costruita su
un’alternanza di piani temporali, si oscilla continuamente tra il passato, il
presente e il futuro della vicenda, tramite flashback e flashforward. Ogni
capitolo rivela qualche indizio sulla storia dei personaggi, sul perché sono in
viaggio, da cosa stanno fuggendo e quali sono i loro i segreti.
La narrazione corale che si
ottiene unisce i personaggi, costretti alla vita sulla nave, dove con il tempo
anche le differenze di classe presenti alla partenza si assottigliano. Con il
procedere della lettura, il lettore ha la sensazione di compiere l’esperienza
di viaggio sulla nave grazie alle descrizioni di O’Connor: può percepire il
tanfo della terza classe, l’olezzo delle cene della prima classe, avere il mal
di mare stando sul ponte o intristirsi per il numero di morti gettati
nell’oceano.
Oltre alla narrazione storica
che racconta i tessuti sociali dell’epoca vi è anche una trama gialla, con la
presenza sulla nave di un assassinio che dovrà uccidere Merridith a tutti i
costi. Questo filone della storia induce nel lettore curiosità sulle possibili
evoluzioni, che viene disattesa quando l’autore, una volta scoperte le carte,
contravvenendo alla regola show don’t tell, farà il più classico degli
spiegoni per descriverne in maniera sbrigativa l’ordine degli avvenimenti.
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