Chuck Palahniuk ritorna al suo club, quello che lo ha fatto
diventare un autore di culto negli anni ’90.
Fight club, inteso in senso lato come libro e
come film, ebbe un successo enorme, che superò i confini del libro e del film
per diventare un culto, un tentativo di emulazione tramite l’apertura di club
reali, una frase tatuata, delle regole da rispettare e una serie infinita di
citazioni. Come si può replicare un
successo simile? Come poter riappropriarsi e continuare una storia diventata
ormai di chiunque? Chuck Palahniuk risponde con Fight Club 2: scrive un
graphic novel al posto di un romanzo, e al pari del protagonista che vuole
liberarsi di Tyler Durden distruggendolo, anche lui vuole distruggere tutto.
Sono passati 10 anni dalla fine
del primo romanzo, il protagonista che si fa chiamare Sebastian è sopravvissuto
al suo tentativo di suicidio/omicidio e grazie a dei farmaci riesce a condurre
una vita normale. Si è creato una famiglia con Marla, i due hanno anche un
figlio. Tyler e le sue stravaganti manie di grandezza sembrano soltanto un
ricordo, per nulla rimpianto da Sebastian, ma desiderato da Marla.
La donna, infatti, stanca della
monotonia del marito, gli riduce i calmanti, desiderosa della pazzia dell’uomo
di cui si era innamorata, lo stesso che l’aveva salvata da un coma tramite un
amplesso. Tyler ricomincia ad apparire durante le notti insonni di Sebastian,
ma in realtà non se ne era mai andato. In tutti questi anni ha portato avanti
la sua follia ed è riuscito ad espandere la sua organizzazione in tutto il
mondo, con il fine di dominarlo e mandarlo nel caos.
Per appropriarsi in pieno del
corpo di Sebastian, Tyler rapisce suo figlio, costringendo Marla a cercarlo in
mezzo mondo e Sebastian ad arruolarsi nel nuovo progetto Mayhem per capire gli
obiettivi del suo alter ego.
Il nuovo Fight Club è la risposta di Chuck Palahniuk al successo del
suo primo libro. Il tono nichilista e autodistruttivo del libro veniva
inteso per esempio nella voglia di voler
bruciare il Louvre, di volersi pulire il culo con la Gioconda e in frasi tipo
questa:
Avevo voglia di distruggere
tutte le cose belle che non avrei mai avuto. Bruciare le foreste
dell'Amazzonia. Pompare idrocarburi in cielo a mangiarsi l'ozono. Aprire le
valvole nei serbatoi delle superpetroliere e svitare i tappi sulle piattaforme
petrolifere. Volevo uccidere tutti i pesci che non potevo permettermi di
comperare e annerire le spiagge della Costa Azzurra che non avrei mai visto. Volevo
che il mondo intero toccasse il fondo.
Tuttavia la distruzione dello
status quo del mondo porta necessariamente all’autodistruzione, siccome tutti
ne fanno parte, compreso i distruttori. In questo secondo capitolo della saga,
Tyler cerca di distruggere nuovamente il mondo, piazzando bombe ovunque, ma
agisce perché spinto da Chuck a farlo. Lo scrittore vuole riappropriarsi del
suo personaggio, permettersi di decidere le sue azioni, perché in fondo è lui
il suo creatore. Non il film, non il regista che gli ha tagliato le battute,
non il pubblico che magari non lo conosce neanche (significativa è la scena di
una ragazza che si chiede stupita se esista anche un libro oltre al film).
Chuck interviene in prima persona
nel libro, diventando personaggio in una forma di meta-narrazione portata
all’estremo. Vive nella sua casa quando Marla gli chiede consiglio su dove cercare
il figlio, propone finali alternativi ai lettori inferociti, partecipa
attivamente alla trama, diventandone il vero protagonista.
Tuttavia Tyler non è
controllabile, neanche da Chuck. Infatti è diventato un virus, anche
ereditario, che passa da padre in figlio. È diventato un poster su un muro con
le regole del club, una saponetta rosa messa in copertina, qualche frase
snocciolata come citazione filosofico-nichilista, un meme sui social network,
tutto questo perdendo la sua originaria spinta rivoluzionaria. La sua critica
al consumismo e all’alienazione della società, venendo adorata con il successo,
si è trasformata in conformismo. Chuck vuole distruggere tutto questo,
riaffermare il vero Tyler, distruggendo tutto, ma neanche lui può farlo, costretto
a soggiacere ai suoi lettori che gli chiedono in forza di cambiare il finale
del libro.
Fight club 2 rimane un buon esperimento per Chuck Palahniuk che si
cimenta nella forma narrativa del graphic novel, del tutto diversa dai suoi
classici romanzi. Si vede che ci ha preso gusto perché è già in arrivo un Fight
club 3.
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