Enrico Remmert con “La guerra dei
murazzi” propone dei racconti solo apparentemente slegati tra loro: La guerra
dei Murazzi, Habana 3 a.m., Baal, e Otto progetti per la costruzione di una
nuvola.
Nella guerra dei murazzi una
giovane donna ci racconta la storia dei murazzi dall’apertura alla chiusura, al
pari di una serata in uno dei suoi famosi locali. Quelle arcate sono un luogo
quasi magico di Torino, città magica per eccellenza. Posti tra lo scorrere
impetuoso del Po e la signorile Piazza Vittorio Veneto, sono passati da un
rifugio dimenticato a Paese delle meraviglie, contenitore di ogni sregolatezza
e trasgressione. La protagonista è Manu, una giovane barista che lavora proprio
in uno dei locali sotto le arcate. Da testimone diretta racconta l’evoluzione
temporale di quel luogo, descrivendo, sullo sfondo degli avvenimenti storici, la
sua vita e la sua maturazione negli anni. La sua storia d’amore con Florian,
giovane buttafuori albanese, serve per raccontare l’ondata migratoria verso
l’Italia avvenuta alla fine degli anni ’90. Migliaia di persone furono accolte
in Italia, nel particolare del racconto a Torino, e Remmert ci mostra i diversi
percorsi di integrazione: dalla facilità di un lavoro esemplificata da Florian
fino alla delinquenza di alcuni marocchini.
L’amore faticoso tra Florian e la
ragazza è suggellato da momenti teneri e soprattutto dai silenzi di lui e
dall’esuberanza di lei, un mix perfetto delineato egregiamente dallo scrittore.
“Lo sai le persone dovrebbero occuparsi di una sola cosa: essere esseri
umani, e perché il cuore sta in una gabbia – toracica- e la mente in una scatola -cranica? E ti
porto a vedere Fontanesi alla Gam, e i tuoi muscoli caldi dopo la doccia, il
tuo sorriso, la tua gentilezza, e non dirmi che siamo diversi, non dirmelo mai,
perché alla fine ragioniamo tutti allo stesso modo e siamo tutti uguali ma
nella segreta tacita convinzione di essere speciali rispetto a tutti gli altri,
e scaldami, ho freddo, e raccontami per bene della Vlora, perché non mi
racconti bene per filo e per segno, raccontami di tua madre, di Tirana,
raccontami delle pannocchie di mais, fidati di me, faccio la barista, so ascoltare,
non senti che questa città è speciale?, è un luogo magico, questo fiume non
smette mai di scorrere, e se è vero che ci dimentichiamo le cose è solo perché
non smette mai di scorrere, e se è vero che certe cose ritornano è solo perché
non smette mai di scorrere, ma se a te non piace scappiamo, scappiamo verso
levante, lo sai che se scappiamo verso levante acceleriamo il tramonto?
Stringimi forte, Florian, abbracciami, non senti che è solo così che possiamo
capirci, che siamo decifrabili solo in certe combinazioni, come frammenti di
vetro dentro un caleidoscopio che ruota senza sosta, e io e te insieme siamo
proprio quella combinazione, le tue carezze, e le passeggiate al Valentino
all’alba, fumare canne sull’erba e tirando patatine ai piccioni, ero radiosa
allora…”
Il racconto Habana 3 a.m
descrive l’avventura a Cuba di alcuni ragazzi. La missione del viaggio è
lavorativa, infatti, il gruppo di amici deve decidere se aprire un locale
sull’isola e per farlo cerca di capire la cultura e le opportunità economiche
del luogo. Il viaggio procede anche grazie alla compagnia di una guida locale
che fa da cicerone verso gli stranieri. La forza del cambio della valuta
permette ogni agio ai turisti, che passano il tempo a visitare, fumare sigari e
bere rum. Emerge con forza sullo sfondo del viaggio come la facilità del denaro
può comprare di tutto come ad esempio le donne che si prostituiscono facilmente
con gli stranieri. La curiosità dei visitatori riguarda le condizioni di vita
in presenza dell’embargo americano e della reale percezione di Fidel nel Paese.
Il viaggio prosegue sempre contorniato da un alone magico, regalato
sia dalla simbologia sia dalla storia rivoluzionaria di Cuba. Scoppiano amori
tra i visitatori e delle ragazze del luogo, relazioni che sarà difficile
distruggere al ritorno in Italia.
“Non chiudere gli occhi. Se tu smetti di guardare, questo posto smette
di esistere. Se tu smetti di guardare, tutta Cuba smette di esistere e qualcun
altro, qualcuno che non è qui in questo momento, dovrà srotolarla da capo,
dovrà darsi da fare al tuo posto, registrare, ricordare, raccontare”.
Baal è il quarto racconto del romanzo. Descrive la storia di un
ragazzo che per fuggire dai misteriosi crimini che ha commesso si rifugia in
campagna per aiutare come tuttofare un allevatore di cani. La cascina in cui i
due vivono con la sola compagnia dei cani è totalmente isolata dal resto della
comunità, un luogo perfetto dove nascondersi ma adatto anche per ragionare in
solitudine sulla propria vita. Il ragazzo si abitua in fretta alla placida vita
da campagna, quando capisce che i cani sono allevati per essere rivenduti per
combattimenti clandestini. Nonostante la ferocia a cui sono addestrati il
ragazzo si affeziona agli animali e sarà difficile andare avanti quando questa
vita sarà messa in pericolo dai loschi figuri con cui l’allevatore conduce
affari.
Il trait d’union tra le quattro
storie raccontate può essere ricavato su due motivi principali. Il primo
riguarda l’incontro tra i personaggi che vivono tranquillamente la loro vita e
la Storia con la S maiuscola. La tranquillità della vita ordinaria viene a
scontrarsi con avvenimenti storici che sconvolgono e sorprendono i
protagonisti. Nel primo racconto viene raccontato il drammatico esodo
dall’Albania a bordo della Vlora, mentre in quello ambientato a Cuba è
descritta la crisi dei balseros del 1994. Il
secondo filo ricorrente nelle storie riguarda gli incontri fra gli italiani e
gli stranieri, scambi che servono per descrivere al meglio le diverse culture e
per far risaltare le diverse peculiarità.
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