Morto che cammina


Un ritorno sulla scena del crimine. L’ennesimo. Irvine Welsh ritorna ad Edimburgo per proseguire la saga di Trainspotting ed anche questa volta è accompagnato dai suoi storici personaggi: Mark “Rents” Renton, Simon “Sick Boy” Williamson, Daniel “Spud” Murphy e Francis “Franco” Begbie.
Gli anni ’90 sono passati da un pezzo e gli allora ragazzi con la lust for life sono diventati grandi, facendo i conti ognuno a modo loro con la propria vita. 



Dopo aver affrontato la redenzione dal carcere Begbie è diventato un artista/scultore di successo, si è fatto una famiglia e vive in California, lontano dai suoi vecchi e violenti ricordi. Renton è un agente internazionale di dj che viaggia continuamente tra un fuso orario e l’altro per seguire i suoi assistiti, facendosi sempre aiutare da antidepressivi e stimolanti. Sick Boy è diventato titolare di un’agenzia di escort e non ha perso il vizio della truffa verso il prossimo. Spud è quello che se la passa peggio, abbandonato dalla moglie e dal figlio e ancora schiavo della droga, si riduce a chiedere l’elemosina per strada con il suo cane.
Le situazioni iniziali sembrano semplici ed apparentemente slegate una dall’altra. Il vortice degli eventi inizia su un aereo. Begbie e Renton si incontrano viaggiando: un nuovo incontro a più di dieci anni dall’ultimo (avvenuto in “Porno” o per i fan meno affezionati in “Trainspotting2”), che aveva spedito il primo in carcere/ospedale e il secondo in una fuga perenne. Ma Begbie è cambiato molto, non è più Franco, il violento psicopatico di Leith, ma ha fatto pace con la sua vita, adesso si fa chiamare Jim ed è un artista internazionale. Messi da parte i rancori del passato, i due cominciano a frequentarsi in America, vedendo un barlume della vecchia amicizia.
Ritornati entrambi a Edimburgo per una mostra dell’artista avviene la famosa reunion dopo quasi 20 anni: ci sono tutti, ognuno con i propri mali di vivere: Rents, Sick Boy, Begbie e Spud. Le capocce di Leith sono di nuovo insieme, questa volta per scolpire una scultura avanguardista.
Il finale felice non è adatto per i protagonisti e infatti la storia procede, come di consueto, tra mille guai.
Simon rimane invischiato tra le vicissitudini familiari: passa una serata al pub con il cognato Euan e gli infila di nascosto della droga nel cocktail, inibendogli il senso di fedeltà verso la moglie e facendogliela tradire.
Durante il pranzo di Natale l’affaire viene a galla e per la vergogna Euan scappa. A questo punto viene affidato a Simon il compito di trovarlo: districandosi nel suo ambiente di postriboli e droghe, conosce Syme, un delinquente che sembra essere diventato il nuovo boss di Edimburgo. Questi gli ritrova il cognato, facendogli notare la presenza di un debito di riconoscenza da saldare. Nello stesso periodo Spud, affranto dalla povertà in cui riversa, decide di invischiarsi in un traffico d’organi, che finisce in un finale a metà tra il paradossale e l’ironico: il cane mangia il rene trafugato. Per questo motivo si ritrova in debito con Syme, il boss che l’aveva contattato. I due debiti si sommano, Spud e Sick Boy vanno a Berlino per togliere un rene a Danny e risanare il debito. L’operazione è surreale e per procedere c’è bisogno anche di Renton, che si trovava nella capitale per lavoro. Spud riesce a sopravvivere ma a caro prezzo, riversando sempre in peggiori condizioni. La scena di Sick Boy che si improvvisa chirurgo e opera con in mano una sigaretta e nell’altra un tutorial su Youtube vale il prezzo del libro.
La storia procede e riunisce di nuovo tutti e quattro i protagonisti. L’occasione è una partita di calcio, degli Hibs ovviamente. I quattro amici vanno allo stadio e contro ogni pronostico la loro squadra, perdente per decenni, vince la Coppa di Scozia e riabilita la sua storia. Sono tutti lì felici e increduli per una situazione che non avrebbero mai ritenuto possibile: gli Hibs vincenti e loro di nuovo lì, felici e uniti come venti anni prima. Mi piace immaginarli così, felici e contenti mentre invadono il campo.


La vita tuttavia prosegue inesorabilmente con i soliti sotterfugi e i soliti problemi di sempre: Sick Boy frega Renton e i due litigano di nuovo, entrambi provano a mandare avanti una relazione con una donna, Begbie prova a rimanere calmo ma lascia andare la sua violenza contro lo stalker della moglie. E Spud? Bhe non è difficile immaginare la fine di Spud, forse era già scritta sin dall’epilogo di Trainspotting.
Una volta concluso il libro rimane il senso di aver vissuto l’ennesima avventura in compagnia dei quattro ragazzacci di Leith, su e giù per l’Europa, su e giù per un’altra droga. Rimane il senso di affetto per questi personaggi, visti crescere e maturare (non più di tanto) tra le pagine dei libri. Rimane l’universo narrativo di Welsh, fatto dai protagonisti e dagli attori ricorrenti, come ad esempio Gas Terry, che fa qualche comparsata esprimendo al massimo le sue doti.
Rimangono le doti di Welsh, capace di creare un nuovo capitolo della saga e di sperimentare forme sempre nuove di creazione visiva. Se nel “Lercio” c’era il verme solitario che prende voce e si esprime con una scrittura a metà pagina, qui si arriva, tramite dei fumetti, alla visualizzazione dello sballo da droga. Per la prima volta si vede cosa pensano i personaggi sotto l’effetto della droga e soprattutto si vedono le loro facce.


Rimane qualche easter egg per i più patiti, come ad esempio la DMT, la droga che i quattro assumono insieme, e il cui acronimo combacia perfettamente con Dead Men’s Trousers, il titolo originale dell’opera. I pantaloni del morto a cui si fa riferimento sono un rimando al passato, sono quelli del fratello morto di Mark, scomparsi molti anni fa e che qua ritornano in un momento cruciale.

Rimane in conclusione il senso di smarrimento di questi personaggi, cresciuti e logorati dalla droga e dal consumismo della società. Così anche il famoso “Scegli il futuro, scegli la vita” viene aggiornato e rivisto, in chiave sempre più malinconica.

“è il rumore di te che stai crepando… prigioniero dei tuoi algoritmi di autoconferma e autocostrizione, che permettono a Google, Facebook, Twitter e Amazon di incatenarti psichicamente ingozzandoti di una versione di te stesso monodimensionale da far cagare, ma che tu abbracci in quanto unica affermazione in offerta… questi sono i tuoi amici… questi sono i tuoi soci… questi sono i tuoi nemici… questa è la tua vita… ti serve il caos, una forza esterna per il trauma di uscire dall’autoindulgenza… ti serve perché non hai più la volontà o la fantasia per farlo da solo”

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