Ascolto consigliato “Che
fantastica storia è la vita” - Antonello Venditti
Emmanuel Carrère è in vacanza in
Sri Lanka nel dicembre del 2004 quando all’improvviso uno tsunami travolge le
coste dell’isola e cambia per sempre le vite dei suoi abitanti e dei turisti.
Lo scrittore francese si salva grazie al caso, la mancata passeggiata mattutina
al mare gli fa saltare un appuntamento con la morte. Meno fortunati di lui
risultano essere i presenti sulla spiaggia e tutti coloro che vengono colpiti
dall’onda anomala.
Lo scrittore francese, in vacanza con la famiglia, nei giorni
precedenti alla catastrofe aveva legato con una coppia di turisti francesi a
cui lo Tsunami ha portato via la giovane figlia Juliette. Nei frangenti
successivi vede i suoi nuovi amici capire ed elaborare un lutto inaspettato e
violento, un lutto che avrebbe potuto coinvolgere anche lui e la sua famiglia.
Cosa si prova a scampare alla morte per un’istante, per una scelta o semplicemente
per fortuna? Perché capita ad altri e non a noi? Da queste domande parte la
riflessione di Carrère su questi eventi che lo porta a raccontare questa storia
dal suo punto di vista.
Il suo racconto evidenzia il carattere propizio della sorte, parte
dalla sua fortunata esperienza personale di miracolato per capire il dolore
altrui, da testimone diretto scava a fondo nella sofferenza per sviscerarne gli
stati d’animo e le afflizioni. Il racconto dello tsunami, visto con gli occhi
di un sopravvissuto, è tragico e Carrère tramite le testimonianze che raccoglie
porta il lettore lì, sulla spiaggia inondata, quasi a fargli vivere in prima
persona l’angoscia dell’evento.
“Saggiava il terreno a ogni passo, avanzava con lentezza. A cento metri
da casa non riconosceva nulla: non c’era un muro, non un albero. A tratti, dei
volti familiari, quelli dei vicini che sguazzavano come lui, neri di fango,
rossi di sangue, gli occhi dilatati dall’orrore, e che come lui cercavano i
cari. Il rumore di risucchio delle acque che rifluivano era pressoché svanito,
e si facevano sempre più forti le grida, i pianti, i rantoli.”
Lo tsunami travolge il paese per
poi risucchiare subito dopo le vite che ha distrutto, riportandole in mare.
Tutto dura un attimo, ma gli effetti sono molto più lunghi, capaci di
influenzare una vita intera.
“Soltanto
il giorno prima erano come noi, noi come loro, ma a loro è accaduto qualcosa
che a noi non è accaduto e adesso apparteniamo a due umanità distinte.”
Tornato incredibilmente scosso in Francia lo scrittore è parte di una nuova
tragedia: Juliette, la sorella della compagna Helene, è ammalata di cancro e le
rimangono pochi giorni di vita prima di una fine inevitabile. Questo nuovo
lutto non sembra toccarlo in prima persona, vista la poca conoscenza di
Juliette, ma nei giorni successivi alla morte, Carrère parla con i familiari e
con gli amici della vittima e capisce di voler e di dover raccontare la sua
storia. Anche questa volta si ritrova spettatore della disperazione umana e
raccontandola cerca di esternalizzare i suoi sentimenti.
Carrère non conosceva Juliette ma la impara a conoscere da morta,
tramite i racconti di familiari e amici che si confidano alla sua penna. Il più
loquace è il giudice Etienne, un ex collega di Juliette; dai suoi racconti
emerge il lato combattivo della donna, schierata nella battaglia contro le
società di credito a tassi d’usura. Il lettore scopre il lato caparbio di
Juliette, incapace di arrendersi davanti alle sconfitte in tribunale.
Il legame affettivo tra Etienne e Juliette è molto forte, ed è saldato
dalla comune esperienza di un cancro.
“Si erano riconosciuti. Avevano
attraversato le stesse sofferenze, di cui se non le si ha attraversate non si
può avere idea. Venivano dallo stesso mondo.”
La sua costanza non si limita al lavoro ma affiora soprattutto nella
sua vita privata: infatti, Juliette in gioventù era già stata colpita da un
tumore che aveva sconfitto, ma che l’aveva relegata ad un uso precario delle
gambe. La sua menomazione non le rende la vita facile, ma proprio da questa
trae la sua forza d’animo, a tal punto da considerarla quasi una fortuna per
via delle scelte di vita che le ha fatto fare.
Un altro testimone della vita di
Juliette è il marito Patrice, un uomo semplice, senza tante aspirazioni nella vita,
che si dedica con amore alle figlie, cercando di non nascondere il lutto della
madre ma spronandole in cerca di una reazione positiva per la loro crescita.
"Avevano quanto bastava per essere
soddisfatti del loro destino, una fortuna mica da tutti, ma anche e soprattutto
la saggezza di accontentarsi, di amare quello che avevano, di non desiderare di
più. Il dono di lasciarsi vivere senza cattiva coscienza e senza fretta, di
abbandonarsi a una conversazione pigra e scherzosa all'ombra del banano, bevendo
una birra a piccoli sorsi. Bisogna coltivare il proprio giardino. Carpe diem.
Per vivere felici, viviamo defilati. Non è così che lo esprime Philippe, ma è
così che lo intendo io e mentre parla mi sento molto lontano da questa
saggezza, io che vivo nell'insoddisfazione, nella tensione perpetua, io che
inseguo sogni di gloria e devasto i miei amori perché immagino sempre che
altrove, un giorno, più tardi, troverò di meglio."
Carrère narra dell’amore
incondizionato di quest’uomo per la moglie, che non si cura delle ripetute
malattie e che rimane sempre vicino alla compagna, nonostante la vita remi
contro il loro futuro. Tramite Patrice emerge il lato materno di Juliette,
quello che non si vedeva dai racconti di Etienne. La donna madre è diversa da
quella giudice, meno sicura di sé ma più amorevole verso le figlie e il marito.
“Vite che non sono la mia” è un
racconto forte, toccante e spiazzante perché oltre a farti commuovere per le storie
che racconta, ti sfida a porti delle domande, a farti ragionare su ciò che fa
paura, sulla malattia, sulla sofferenza, sulla perdita e sulla morte. Il titolo è solo metaforico, è vero che non è
Carrère stesso ad essere malato, ma lui è il primo che non si nasconde e da
testimone della sofferenza comincia a raccontarla, riscontrando nelle vite
degli altri ciò che lega ognuno alla sua e a quella dei suoi cari.
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