La preda


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In questo romanzo Irène Némirovsky racconta la storia di Jean Luc, un povero ragazzo forgiato dalla fatica ma pregno di aspirazione e di voglia di rivalsa. Jean Luc è un ragazzo della Francia degli anni ’30, in cui la crisi ha reso povere e prive di lavoro moltissime famiglie, inclusa la sua. Ha un padre sofferente e dei fratellini piccoli che richiedono attenzione, perciò decide di guadagnarsi da vivere senza essere un peso per la sua famiglia. La sua indipendenza ha un prezzo: la fatica. Infatti, compie lavori estenuanti per guadagnarsi da vivere e nonostante ciò soffre la fame e il freddo.




La sua giovinezza gli dona resistenza alla fatica e alla fame, ma la sua aspirazione lo consuma. Jean Luc punta a diventare qualcuno, una persona ricca e potente, in possesso di tutto ciò di cui al momento è privo.
In questo contesto si inserisce la relazione con Edith, la ricca ragazza che frequenta. Edith è figlia di un ricco e potente banchiere della città, l’amore tra i due ragazzi sembra indissolubile, ma il sogno finisce quando Edith è promessa ad un ricco mercante. Jean Luc non ci sta a veder sfiorire il suo amore solo per via delle sue povere origini e progetta una vendetta.
Mentre pensa come riprendersi il suo amore per Edith, Jean Luc capisce che il suo unico difetto è la povertà ma si accorge di aver la soluzione a portata di mano: la relazione con Edith può costituire una scorciatoia per il successo tramite l’influenza del padre banchiere. Quando il ragazzo ha questa fulminazione capisce implicitamente che non ama veramente la ragazza, ma brama solo il potere.
Il piano freddo e machiavellico di Jean Luc prevede di mettere incinta Edith per poi forzare il matrimonio con la famiglia, che altrimenti non accetterebbe la coppia spontaneamente.
Il matrimonio, nonostante il ricatto, va a buon fine. La nuova vita di Jean Luc cambia grazie al suocero, che gli passa una rendita con cui lo mantiene, ma allo stesso tempo gli nega l’accesso alle relazioni e alle amicizie altolocate. Questo sentimento di estraniamento provoca insoddisfazione in Jean Luc che pensando di essere ormai arrivato, si trova ad un punto morto, osteggiato da un muro insormontabile.

“Il mondo che aveva creduto di poter dominare, come tutti gli altri, non gli era mai parso così inaccessibile. Ci entrava dalla porta di servizio, quella della povertà, dell’abbandono, dell’amore tradito. Si sentiva così solo…”

La situazione cambia quando il suocero si uccide per evitare l’onta di uno scandalo finanziario. Infatti questi aveva rubato soldi alla banca, spendendoli per le sue amanti.  A questo punto Jean Luc perde tutto, l’eredità di Edith non è più a sua disposizione e neanche i contatti con gli amici del suocero, ormai allontanati per paura dell’ignominia.
Ritornato ad uno stato di povertà Jean Luc è colto dalla disperazione; è frustrato perché sente di essere arrivato vicino alla possibilità di ottenere il successo, quando all’improvviso tutto è crollato. In questo stato rischia il tutto per tutto, rinuncia ad un facile guadagno di denaro per avvicinarsi a Langon, un politico quasi decaduto. Tramite il suo lavoro e le sue doti, intellettuali e manipolatrici, riesce a far risalire la china a Langon, che da parte sua insegna a Jean Luc tutti i trucchi della politica. Con abnegazione e volontà Jean Luc diventa quello che ha sempre voluto essere: un uomo potente e con le giuste amicizie, cui la gente porta rispetto e anche timore reverenziale.

“Il gioco lo appassionava: le pedine erano uomini in carne e ossa, e bisognava servirsi delle loro debolezze, delle loro vanità, del loro odio, della loro paura. Bisognava di volta in volta rassicurarli, blandirli, metterli in agitazione. Nel frattempo sembrava aver raggiunto il suo scopo: finalmente lo conoscevano; si erano abituati al suo volto, alle sillabe del suo nome.”

Il successo, questa volta definitivo, si accompagna con dei sacrifici dal punto della vita personale. Infatti, con sua moglie Edith vive da separato in casa, mentre con il figlio sembrano due estranei. La poca tranquillità familiare non lo preoccupa, anche perché l’ha sempre messa in secondo piano rispetto al suo successo, ma un sentimento di perenne insoddisfazione lo accompagna. Nonostante il successo, tanto agognato e infine ottenuto, si sente in una guerra continua con sé stesso, la sua aspirazione ad arrivare sempre più in alto si scontra con una stanchezza di fondo. Prova la sensazione di non aver mai vissuto appieno, trascurando e immolando la sua vita per qualcosa di provvisorio, un potere totalmente caduco.
L’unica scintilla che gli rimane è l’amore per Marie, la compagna di un suo ex amico, ormai detenuto in prigione. Jean Luc prova a far colpo su Marie conquistandola con il denaro e con il potere, le uniche virtù che gli sono rimaste. Tuttavia la ragazza, nonostante gli si conceda ripetutamente, non prova amore per lui, ma solo affetto, essendo in attesa del ritorno del vero ragazzo.
La vita di Jean Luc sprofonda in un abisso: la moglie lo lascia per mettersi con l’ex amico Langon e la politica non gli rinnova il consenso, facendo crollare il castello di carte del suo potere. L’aspetto più grave tuttavia sta nell’amare senza essere contraccambiato da Marie. La mancanza di un amore spontaneo, rende la sua vita, ormai priva di qualsiasi soddisfazione, sempre più arida. L’incessante disperazione lo coglie in un suicidio.

Il personaggio di Jean Luc è caratterizzato da una enorme tragicità. Il suo unico obiettivo è il potere, prima l’ottenimento, poi la conservazione, non importa a che prezzo. Questa caratteristica si vede in più passi del romanzo. Inizialmente progetta un matrimonio a lui favorevole, forzando la gravidanza di Edith, solo per poter entrare nel circolo di amicizie del suocero. In un secondo momento, quando ha ormai perso l’eredità della moglie, che nel frattempo è malata a seguito della gravidanza, rifiuta una somma di denaro con cui avrebbe potuto curare Edith, per poter ottenere l’amicizia di Langon, colui in cui vede la porta per il successo. I sacrifici nella sua vita sono molteplici, la moglie e il figlio sono solo due inconvenienti, prima buoni strumenti per la sua strategia e poi inutili pesi da portare appresso.

“La felicità di sua moglie, il suo piacere, la sua stessa vita gli erano indifferenti. Nella vita di oggi, nella sua pienezza, nella sua bontà, era vietato pensare ad altri fuorché a se stessi. Altrimenti si sarebbe stati dei vinti in partenza.”
Ma una vita fatta di inseguimenti e di sogni deve prima o poi fermarsi e a quel punto cosa rimane? Quando tutto è stato preso, conquistato, raggiunto, che cosa rimane? Rimane solo una persona arida di sentimenti, la cui abnegazione per una causa maggiore gli ha portato via tutto: amici, familiari e parenti. Una solitudine di fondo che gli fa comprendere che la sua esistenza è sostanzialmente inappagata, fatta di effimeri riconoscimenti. Tutto cambia, non gli interessano più il successo e il potere, pensa solo a Marie e all’affetto che gli può donare nella sua sconsolazione.

“Sapeva bene che anche se non era innamorata ci teneva a lui, perché era l’unico ad andarla a trovare, ad interessarsene. Era stato abbastanza miserabile e solo anche lui per comprendere quel che significa essere soli nel cuore di una grande città. Lei non aveva né famiglia né amici, e certamente non aveva amanti. Lavorava duramente tutto il giorno. Era strano… Un tempo lui aveva desiderato Edith perché era diversa da lui, perché la vita ricca, radiosa, felice che lei conduceva lo esaltava, gli suscitava invidia e orgoglio. Ora invece si interessava a Marie nella misura in cui credeva ci fosse tra loro una fraternità, una somiglianza.”

Marie rappresenta la speranza di un nuovo inizio, una nuova vita che comincia laddove è tutto finito. In lei rivede la sua vecchia povertà e le sue sofferenze, le costrizioni sono un punto comune da cui partire per sviluppare un rapporto. Ma la vita si vendica di Jean Luc, lui che aveva ottenuto tutto ciò che desiderava con l’inganno, non riesce ad ottenere Marie tramite l’amore sincero che prova nei suoi confronti. Il rifiuto della ragazza fa sprofondare Jean Luc nella disperazione. Una vita fatta di sacrifici lo fa piangere: piange perché ha perso Marie, piange perché ha vissuto senza affetto, piange perché Edith l’ha tradito, piange perché non ha più un figlio. L’unico che crede ancora in lui è il piccolo fratello, che in lui vede un modello di successo a cui aspirare. Jean Luc affranto dalla sua solitudine interiore decide di uccidersi, ponendo fine ai suoi strazi.

Che poteva dirgli? Cominciava appena a intravedere quella che, per lui solo, in quell’istante, era la verità; essa l’occupava interamente; non aveva il desiderio di condividerla con nessuno; pensò: “Se gli dicessi: io, l’uomo che tu ammiri per la sua impassibilità, implacabilità, il suo amore per il successo, l’ambizione vittoriosa, io sono la preda del più languido amore. Non dell’amore, ma di me stesso, di tutto quello che non ho avuto, di tutto quello che ho respinto, di tutto quello che mi è parso vergognoso e basso”

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