Ascolto consigliato “Liberi tutti” - Subsonica
A differenza di altri libri di
Fenoglio, “La paga del sabato” non è un romanzo sulla Resistenza partigiana, ma
con questo libro lo scrittore piemontese vuole indagare la resistenza di una
persona al riadattamento ad una vita normale dopo aver visto la guerra.
Ettore, il protagonista, è un
giovane ragazzo di 22 anni che, dopo aver combattuto come partigiano nelle
campagne di Alba, non riesce a reinserirsi nella vita civile, quella senza
guerra. Passa le giornate a bighellonare, tra partite di pallone e puntate al
bar. Non cerca un lavoro sentendosi inadatto ad una posizione subalterna per
via delle funzioni di responsabilità che si era preso in guerra; questa
convinzione gli fa vedere con sprezzo tutte quelle persone che passano le loro
ore quotidiane a lavorare in fabbrica, sottomettendosi ai vincoli di una vita
ordinaria. In questo contesto Ettore è mantenuto dai suoi genitori, che lo
spingono a cercare un lavoro per avere maggiori soddisfazioni. Il padre gli
trova anche un lavoro, ma al momento di presentarsi in fabbrica Ettore fugge,
spaventato dall’idea di condurre una vita sottomessa al volere di qualcun
altro.
«No, no, non mi tireranno giù nel pozzo con loro. Io non sarò mai dei
vostri, qualunque altra cosa debba fare, mai dei vostri. Siamo troppo diversi,
le donne che amano me non possono amare voi e viceversa. Io avrò un destino
diverso dal vostro, non dico più bello o più brutto, ma diverso. Voi fate con
naturalezza dei sacrifici che per me sono enormi, insopportabili, e io so fare
a sangue freddo delle cose che a solo pensarle a voi farebbero drizzare i
capelli in testa. Impossibile che io sia dei vostri.»
L’orgoglio e la libertà lo
spingono nei traffici di Bianco, un delinquente della zona. Con Bianco e Palmo
comincia a compiere affari illeciti, dalle richieste di pizzo alle rapine. La
vita da bandito ripaga e finalmente ottiene quella soddisfazione pecuniaria e
personale che aspirava.
Oltre alla mala nella sua vita
trova spazio anche l’amore per Vanda, una giovane donna di cui è innamorato. La
relazione con la ragazza è criptica, basata fortemente sui luoghi comuni
dell’Italia del Dopoguerra: un maschio dominante e una femmina sottomessa.
Ettore all’inizio non sa se ama realmente Vanda, ma se ne convince
definitivamente quando capisce che diventerà padre. La responsabilità di una
gravidanza all’infuori del matrimonio è un evento scandaloso per l’epoca e
nonostante le reazioni a caldo dei parenti, Ettore capisce che se ne deve far
carico e sfruttare l’occasione per maturare come uomo.
La nuova responsabilità gli dona
nuovi presentimenti, che lo convincono a smettere con la vita spericolata da
delinquente per trovarsi un lavoro onesto. Diventa un camionista, fa progetti
per il futuro, punta ad aprirsi una stazione di benzina, tutto sembra volgere
per il meglio. Il finale è tragico, un incidente, causato dal collega Palmo, lo
uccide e lo lascia con un’effimera ironia: morire quando si stava adattando ad
una vita ordinaria, come tutti.
“La paga del sabato” racconta una
guerra interiore che comincia quando la guerra per gli altri è ormai conclusa.
Ettore è un personaggio complesso, fatto da una rabbiosa insofferenza verso gli
altri, servili seguaci della condotta civile che tanto detesta. Si sente
diverso, superiore e la frustrazione del non poterlo dimostrare causa un ciclo
vizioso che si autoalimenta.
“Così ce l’hai con me perché non lavoro e non ti porto a casa un po’ di
sporchi soldi. Non guadagno, ma mangio, bevo, fumo, e la domenica sera vado a
ballare e il lunedì mi compero il giornale dello sport. Per questo ce l’hai con
me, perché io senza guadagnarmele voglio tutte le cose che hanno quelli che se
le guadagnano. Tu capisci solo questo, il resto no, il resto non lo capisci,
non vuoi capirlo, perché è vero ma è contro il tuo interesse. Io non mi trovo
in questa vita, e tu lo capisci ma non ci stai. Io non mi trovo in questa vita
perché ho fatto la guerra. Ricordatene sempre che io ho fatto la guerra, e la
guerra mi ha cambiato, mi ha rotto l’abitudine a questa vita qui.”
La diversità è causata
sicuramente dalla guerra, che nonostante sia finita non è stata certo
dimenticata. Il reinserimento nella vita normale è il problema principale del
protagonista: non vuole andare in fabbrica ad eseguire gli ordini, lui che in
guerra li dava; non vuole avere una vita piatta e ripetitiva, lui che ha
vissuto il brivido della guerra. Preso dalle sue convinzioni, quando ha la
possibilità di ottenere un lavoro sicuro in fabbrica scappa, inorridito e
spaventato da quel lavoro che prometteva una routine da ripetere fino alla
vecchiaia, un cappio che lo avrebbe privato della sua libertà e della sua
gioventù. Oltre a questi sentimenti si percepisce l’amore verso la famiglia e
verso la ragazza. Verso i genitori si sente protettivo, nonostante le urla e i
litigi, auspica un futuro migliore per la madre, insofferente alla povertà e
per il padre, debilitato dal lavoro e dalla malattia. La figura di figlio in
Ettore è dipinta come un ragazzo difficile ma premuroso. Nonostante litighi con
la madre, cerca di salvare il padre da un lavoro faticoso, convincendolo a
lavorare insieme.
Oltre
a questi aspetti bisogna considerare la scrittura di Fenoglio, fatta da
dialoghi asciutti e feroci e da una trama veloce in cui il disagio del
protagonista matura e si esprime nella rabbiosa insofferenza ad una società che
non riconosce come propria.
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