“Immagino tu sia
già andato in buca” è una chicca nascosta nella produzione di Irvine Welsh.
L’autore scozzese qui si distacca dalla classica produzione di romanzi e
sceglie la forma della mise teatrale. Il punto fermo è Edimburgo, solito
palcoscenico dei suoi libri, una sorta di personaggio ricorrente.
La storia del
libro riguarda il rapimento di Dex, un deliquente di Edimburgo. I rapitori sono
altri due malavitosi da quattro soldi: Docksey, un ex compare di Dex, e Jinks,
un sieropositivo tossicodipendente ed omossessuale.
Docksey e Jinks
rapiscono Dex e cominciano a torturarlo in uno studio di registrazione, in modo
da far risultare inutili tutte le grida e le richieste d’aiuto. Il motivo del
rapimento è dovuto alla soffiata di Dex, che ha fatto incarcerare Docksey per
un lavoro compiuto anni prima.
La vendetta di
Docksey si attua inesorabilmente nel corso del romanzo, prima priva Dex della
sua libertà e lo consegna nelle grinfie di Jinks, che intende sodomizzarlo a
forza. La ritorsione non riguarda solo il rapito ma anche la sua ragazza Laney,
che Docksey cerca di sedurre.
Il piano è
semplice, ma qualcosa va storto: Docksey si innamora di Laney e cerca di
mandare tutto a monte, ma non ha fatto i conti con Jinks, sempre più preda di
droghe e paranoie.
Il finale è
parossistico, Docksey uccide frettolosamente Dex per poter fuggire con Laney,
ma non riesce a placare Jinks che lo anestetizza e fa di lui il suo prossimo
giocattolo sessuale.
La classica
scrittura di Welsh in questo libro è portata all’esasperazione: non ci sono più
i classici toni scanzonati e pop da corea alla Trainspotting, ma si nota una
violenza di fondo che sovrasta i pochi riferimenti comici. Il linguaggio usato
rispecchia la veemenza e la brutalità espressa dalle azioni dei protagonisti.
L’unica critica
che penso si possa muovere a questo esperimento dell’autore scozzese riguarda
le troppe analogie con la trama di “Pulp fiction”. Leggendo il libro mi
sembrava infatti di vedere alcune scene del film di Tarantino: dalla sodomia di
un uomo tenuto legato di Marsellus Wallace, all’uso di siringhe di Mia Wallace.
La scelta di questi riferimenti può essere un chiaro omaggio più che una
malcelata copia al regista americano. La situazione finale del libro sembra
proprio tarantiniana, questa volta legata più vicina a Reservoir Dogs: tutti ineluttabilmente condannati a morire.
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